Blog di Raimondo Schiavone e amici

Un’aggressione codarda: Israele attacca diverse aree dell’Iran e uccide civili, scienziati e comandanti

Nelle prime ore del 13 giugno 2025, Israele ha scatenato una delle più vaste e brutali offensive militari mai viste nella regione. L’operazione, ribattezzata “Rising Lion”, ha colpito almeno otto località iraniane, tra cui Teheran, Natanz, Khorramabad, Isfahan, Khondab e altre aree sensibili del Paese. Oltre 200 aerei da combattimento israeliani hanno lanciato una serie di attacchi mirati non solo contro basi militari e impianti nucleari, ma anche contro quartieri residenziali, provocando decine di morti tra i civili – donne, bambini, anziani – e numerosi ufficiali e scienziati iraniani.

Il Ministero della Difesa iraniano ha condannato l’attacco definendolo “un’atrocità codarda, completamente contraria a tutte le leggi internazionali”, aggiungendo che “il regime omicida di bambini ha svelato la sua natura più vile e disumana”. Tra le vittime dell’attacco si contano importanti figure delle forze armate e della comunità scientifica iraniana, tra cui il comandante delle Guardie della Rivoluzione Hossein Salami, il capo di Stato maggiore Mohammad Bagheri e gli scienziati nucleari Fereydoun Abbasi e Mohammad Mehdi Tehranchi.

L’operazione si è articolata in almeno cinque ondate successive. Le esplosioni hanno devastato porzioni intere della capitale, mentre l’impianto nucleare di Natanz è stato colpito frontalmente. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha confermato l’attacco, pur precisando che non ci sono al momento segni di fuoriuscite radioattive. Le sirene hanno suonato per ore a Teheran e lo spazio aereo iraniano è stato immediatamente chiuso. Il panico e il caos si sono diffusi in tutto il Paese.

In risposta, l’Iran ha lanciato oltre 100 droni verso obiettivi militari e strategici in Israele. Le autorità iraniane hanno promesso una “punizione severa e irreversibile” per quello che definiscono un crimine deliberato, orchestrato non per difesa ma per provocare una guerra su vasta scala. Il Leader Supremo Ali Khamenei ha dichiarato che “il sangue dei martiri di oggi sarà il carburante della nostra risposta”.

La comunità internazionale è, come sempre, divisa. Il Giappone, il Regno Unito, l’Arabia Saudita, la Nuova Zelanda e l’Australia hanno condannato l’attacco, mentre gli Stati Uniti, pur sostenendo Israele politicamente, hanno iniziato a evacuare personale e truppe dalle basi in Iraq e Siria, nel timore di una rappresaglia iraniana. Le istituzioni europee hanno invece balbettato inviti alla “moderazione”, senza nemmeno una condanna esplicita di fronte a un attacco che ha ucciso decine di civili in un Paese sovrano, al di fuori di qualsiasi dichiarazione di guerra o mandato internazionale.

Tutto questo avviene mentre a Muscat, in Oman, erano in corso i colloqui riservati per il rilancio dell’accordo nucleare JCPOA. Le trattative sono ora sospese, forse morte, travolte da una scelta israeliana che non punta alla dissuasione, ma all’escalation.

Israele sa che l’unica strada per sottrarsi al giudizio per i crimini di guerra a Gaza è allargare il conflitto. E ha trovato in Teheran il nemico perfetto da colpire. Ma questo non è più un gioco di intelligence. Non è un’operazione chirurgica. È una guerra aperta, scatenata con il silenzio complice di chi, da Bruxelles a Washington, ha deciso che alcune bombe pesano meno di altre, e che alcuni morti non meritano nemmeno un titolo in prima pagina.

Il diritto internazionale è stato calpestato. I civili sono stati colpiti nel sonno. I laboratori, i centri di ricerca, le case e le famiglie, trasformati in bersagli. Se oggi il mondo non grida, domani sarà troppo tardi. Chi tace adesso, sarà complice della guerra che verrà.

di Raimondo Schiavone