Blog di Raimondo Schiavone e amici

TRUMP SCATENA LA GUERRA: L’IRAN NON CEDE, IL MONDO TREMA

Donald Trump ha lanciato il suo attacco contro l’Iran. Non vedeva l’ora. Gli Stati Uniti, guidati dalla solita narrativa della “difesa preventiva”, sono entrati in scena colpendo diversi obiettivi strategici sul suolo iraniano. Il pretesto è sempre lo stesso: garantire la sicurezza di Israele. Ma la realtà è ben diversa. Il Paese dello Zio Sam, da sempre protagonista di guerre in Medio Oriente, ha agito perché Israele era allo stremo. Le difese sono quasi esaurite, l’Iron Dome non regge più sotto l’intensità degli attacchi missilistici, e l’intervento diretto americano era l’unica opzione rimasta sul tavolo per evitare il collasso.

Trump ha lanciato anche un ultimatum: se l’Iran non accetterà un cessate il fuoco immediato, ovvero se non capitolerà, seguiranno nuovi bombardamenti “molto più devastanti”. Le sue parole, dal tono isterico, rivelano una cosa: ha fretta. Cerca una vittoria rapida, possibilmente prima delle elezioni, per presentarsi al popolo americano come risolutore di un conflitto globale. Anche Netanyahu, sempre più isolato e con il consenso in picchiata, ha bisogno disperatamente di un successo bellico da rivendere alla propria opinione pubblica. Entrambi sanno che il tempo non gioca a loro favore.

Per l’Iran, invece, il tempo è l’unico vero alleato. Teheran ha chiarito che il suo obiettivo non cambia: resistere, colpire Israele e gli Stati Uniti dove possibile, e prolungare il conflitto il più a lungo possibile. Più la guerra si trascina, più aumentano le probabilità di indebolire il fronte avversario, far lievitare i costi economici, logorare le alleanze e spostare gli equilibri internazionali. Il gioco è tutto lì. La Repubblica Islamica punta a una guerra di logoramento. Ecco perché Trump e Netanyahu hanno fretta.

Dal fronte orientale, Cina e Russia non stanno a guardare. Pechino ha definito l’azione americana “una provocazione pericolosa”, ribadendo il diritto dell’Iran alla difesa e invitando alla de-escalation immediata. Mosca è stata ancora più esplicita: secondo il Cremlino, gli Stati Uniti stanno trascinando il mondo verso una catastrofe, e l’attacco contro Teheran potrebbe generare conseguenze “imprevedibili” e “incontrollabili”. Le agenzie russe parlano apertamente di escalation irresponsabile e di “attacco deliberato a un Paese sovrano nel cuore dell’Asia”.

Sul piano strategico, la situazione rischia di precipitare in fretta. Se l’Iran decidesse di bloccare il Canale di Hormuz, arteria fondamentale per il trasporto di petrolio, le conseguenze sarebbero immediate: impennata dei prezzi, shock sui mercati e nuova crisi energetica globale. Il rischio è già concreto, e a farne le spese sarebbe anche l’Europa, oggi spettatrice silenziosa e impotente.

Intanto, nuovi attori sono pronti a entrare in scena. Le milizie sciite in Iraq, Hezbollah in Libano, gli Houthi nello Yemen: tutti alleati di Teheran, tutti in grado di colpire. E se l’Iran dovesse decidere di coinvolgere i BRICS, chiedendo un appoggio politico o militare, la guerra potrebbe allargarsi su scala planetaria. Non è più il 2003, non c’è più un Saddam Hussein da demonizzare. Oggi l’Iran è un attore

geopolitico forte, ben radicato, sostenuto da una rete di alleanze regionali e globali.

La guerra è cominciata, ma nessuno può davvero controllarne gli esiti. L’Occidente l’ha provocata, Israele l’ha invocata, gli Stati Uniti l’hanno scatenata. Ma l’Iran, questa volta, non intende piegarsi.

Raimondo Schiavone