C’è una parola che stride ogni volta che viene accostata al nome di Tony Blair: garante. Garante di cosa? Della pace? Della verità? Della legalità internazionale? No, Blair non può garantire nulla di tutto questo, perché è proprio lui uno dei simboli della più grande menzogna politica e diplomatica degli ultimi decenni: la guerra in Iraq del 2003.
Blair non è stato un semplice esecutore delle scelte americane di George W. Bush. È stato il loro complice attivo, il loro venditore al pubblico europeo. Con i suoi famigerati dossier sulle “armi di distruzione di massa”, manipolò l’opinione pubblica e il Parlamento britannico, costruendo un castello di falsità per giustificare una guerra già decisa a tavolino. Il dossier “dodgy”, come lo chiamarono poi i giornali, era in parte copiato da una tesi universitaria. Un falso politico, usato per mandare a morire centinaia di migliaia di persone.
La Commissione Chilcot lo ha inchiodato: nessuna minaccia imminente, nessuna necessità d’intervento, nessuna verità nelle prove portate. La guerra non era l’ultima risorsa, ma la prima opzione di un premier smanioso di farsi vedere come “grande statista globale”. Risultato: un Paese distrutto, un popolo massacrato, e la nascita di nuovi gruppi jihadisti che hanno destabilizzato il Medio Oriente per vent’anni.
E oggi questo uomo, con quelle mani politicamente sporche di sangue, vorrebbe sedersi a un tavolo per “garantire la ricostruzione di Gaza”? Sarebbe come affidare la gestione di un ospedale a chi ha appena incendiato il pronto soccorso. Blair non è una figura neutrale, non è un diplomatico credibile, non è un interlocutore che il popolo palestinese possa guardare con fiducia.
Non stupisce che Hamas lo rifiuti, e che gran parte dell’opinione pubblica araba lo consideri un emissario dei potenti, non della pace. Dopo l’Iraq, Blair è diventato l’uomo delle consulenze milionarie, dei rapporti con regimi autoritari come il Kazakhstan, dei favori e degli scandali finanziari — da Ecclestone al “cash for honours”. Sempre lui, sempre pronto a vendere la propria immagine e la propria influenza, oggi ripulita con un nuovo vestito da “esperto di stabilità”.
Ma Gaza non ha bisogno di un esperto di marketing della guerra. Gaza ha bisogno di un garante vero, di un uomo o una donna con credibilità morale, non di un ex premier che ha contribuito a riscrivere le regole dell’inganno internazionale.
Tony Blair dovrebbe chiedere perdono, non un incarico.
Perché chi ha costruito la menzogna dell’Iraq non può essere chiamato a costruire la verità di Gaza.















e poi scegli l'opzione