Blog di Raimondo Schiavone e amici

TERRORISMO, PROPAGANDA E MALAFEDE: LA CROCIATA MEDIATICA CONTRO L’IRAN

In queste ore, l’informazione italiana ha raggiunto nuovi picchi di malafede. Non si tratta più di disinformazione per ignoranza o superficialità: siamo nel campo della deliberata manipolazione, della propaganda travestita da notiziario, del terrorismo psicologico ai danni del cittadino medio. È iniziata una campagna orchestrata e subdola, con un solo scopo: delegittimare l’Iran agli occhi dell’opinione pubblica occidentale, agitando lo spettro del terrorismo come se Teheran fosse l’incubatrice mondiale della violenza jihadista. Nulla di più falso. E, soprattutto, nulla di più pericoloso per chi pretende di fare informazione seria.

Dai canali televisivi pubblici come la RAI, a quelli privati come Mediaset e La7, passando per le solite penne stanche e accomodanti di Repubblica, Corriere della Sera e compagnia cantando, il messaggio è stato chiaro: attenti, “l’Iran potrebbe reagire” con attentati. In questa sceneggiatura costruita ad arte, si torna persino a riesumare episodi come il sequestro dell’ambasciata americana a Teheran nel 1979, fatto che ha sicuramente avuto un impatto geopolitico, ma che con il terrorismo internazionale, quello che uccide civili nei mercati e nelle metropolitane, non c’entra nulla.

Alcuni commentatori, con un’operazione degna della disinformazione da manuale, sono arrivati perfino a evocare l’11 settembre. Sì, l’11 settembre 2001, come se l’Iran ne fosse in qualche modo corresponsabile o ispiratore. Una ricostruzione grottesca e profondamente falsa. Quell’attacco, uno dei più studiati della storia moderna, fu pianificato da Al-Qaeda, una rete fondamentalista sunnita creata negli anni ‘80 e sostenuta inizialmente dagli stessi Stati Uniti in funzione antisovietica. Il leader di quell’organizzazione, Osama bin Laden, era saudita, non iraniano. E l’intera struttura di Al-Qaeda si è sempre fondata su una visione sunnita radicale, fortemente antisciita e anti-iraniana. Non solo: gli stessi ayatollah iraniani, da Khamenei in giù, hanno sempre condannato l’attentato dell’11 settembre e si sono espressi più volte contro la barbarie del terrorismo salafita.

Ma questo non viene detto. Non fa comodo. Così come non fa comodo ricordare che ISIS, il sedicente Stato Islamico, è nato nel vuoto lasciato dagli Stati Uniti in Iraq e che per anni ha prosperato grazie alla complicità più o meno esplicita di alleati regionali di Washington, come la Turchia e l’Arabia Saudita. Anche ISIS, è bene ribadirlo, è un’organizzazione sunnita radicale che ha tra i suoi nemici principali proprio l’Iran e il governo siriano di Bashar al-Assad. Eppure, i nostri media mainstream sembrano dimenticarlo, o forse più semplicemente non vogliono ricordarlo.

L’Iran, piaccia o meno, ha avuto un ruolo decisivo nella lotta contro il terrorismo in Medio Oriente. Sono state le milizie sciite irachene sostenute da Teheran, insieme ad Hezbollah e ai pasdaran, a fermare l’avanzata dell’ISIS verso Baghdad. Sono stati i consiglieri militari iraniani a impedire che Damasco cadesse nelle mani dei jihadisti. Se oggi non abbiamo un Califfato tra Siria e Iraq, è anche merito dell’Iran. Ma questo non viene detto. Viene invece insinuato che, chissà, in qualche modo, l’Iran possa rappresentare una “minaccia” anche in Europa. Così si accendono le paure, si crea un clima di sospetto, si prepara il terreno per ulteriori provocazioni.

La domanda sorge spontanea: chi ha interesse a far passare l’Iran come una nuova Al-Qaeda? A chi giova questo racconto deformato? La risposta è semplice: giova a Israele, oggi in evidente difficoltà dopo aver subito una risposta durissima da parte iraniana. Giova agli Stati Uniti, che vogliono legittimare il loro ennesimo intervento militare in Medio Oriente. E giova a quegli ambienti atlantisti che non hanno mai accettato l’idea di un mondo multipolare in cui Washington non detta più legge da sola.

E i giornalisti italiani? Invece di opporsi a questa deriva, ci si buttano dentro a capofitto, con servilismo e superficialità, svuotando la professione di ogni residuo di etica e onestà intellettuale. Chi invece cerca di tenere la barra dritta, come l’Avvenire, finisce per essere marginalizzato o ridicolizzato come “filoiraniano”. Ma non si tratta di essere pro o contro. Si tratta semplicemente di dire la verità. E la verità, in questo caso, è che l’Iran non ha nulla a che vedere con il terrorismo internazionale, e che insinuarlo senza prove, citando episodi fuori contesto e mescolando sciiti e sunniti come se fossero intercambiabili, è una forma di disinformazione gravissima.

C’è solo un termine che descrive questo comportamento mediatico: malafede. Un’operazione studiata, sistemica, per preparare il consenso all’ennesima guerra, per sporcare l’immagine di un grande Paese che ha fatto della resistenza e della sovranità la sua identità. Ma i lettori hanno ancora gli strumenti per capire. E per ogni giornalista che manipola, ce n’è uno che osserva in silenzio e prende nota. Perché la verità, anche sotto le bombe, prima o poi si fa sentire.

Raimondo Schiavone