Blog di Raimondo Schiavone e amici

“Siamo padroni dell’ultimo colpo” – L’Iran chiude lo scontro con un messaggio potente e simbolico

La guerra delle parole, nel conflitto tra Iran e Israele, si gioca anche sui secondi. Non solo missili e radar, ma simboli, orologi e clessidre. E questa volta a orchestrare l’ultima mossa – simbolica quanto mediatica – è stato Teheran.

Alle 06:29 ora locale, la sezione araba dell’agenzia di stampa IRNA ha pubblicato un post misterioso: nessun testo, nessuna immagine, solo una semplice indicazione oraria – “06:59⏳” – accompagnata dall’icona di una clessidra. Un countdown silenzioso, ma carico di significato, lanciato pochi minuti dopo che l’ultimo attacco missilistico iraniano aveva colpito la città israeliana di Beersheba.

Trenta minuti dopo, esattamente alle 06:59, il profilo social dell’IRNA ha diffuso l’immagine di un edificio distrutto. Stavolta il messaggio era inequivocabile: in arabo ed ebraico, campeggiava la scritta “Siamo i padroni dell’ultimo colpo.”

La scelta del doppio codice linguistico – rivolto contemporaneamente al mondo arabo e all’opinione pubblica israeliana – è stata un colpo di teatro comunicativo. Mentre il mondo attendeva notizie ufficiali su un possibile cessate il fuoco, Teheran ha scandito i tempi della sua uscita di scena con una precisione millimetrica.

Alle 07:00, giusto pochi minuti dopo la pubblicazione dell'immagine, Donald Trump ha annunciato pubblicamente l’accordo per la cessazione delle ostilità. Una tempistica che, secondo molti osservatori, non è affatto casuale.

La mossa iraniana ha una chiara valenza strategica e psicologica: dichiarare apertamente di aver sparato l’ultimo colpo, ma farlo prima dell’entrata in vigore formale del cessate il fuoco, significa affermare superiorità morale e controllo dello scenario. Una chiusura di ciclo, non in silenzio, ma con un sigillo deciso.

Israele ha confermato successivamente nuovi “arrivi” missilistici provenienti dall’Iran, ma le autorità di Teheran hanno dichiarato che i lanci sono avvenuti prima dell’orario concordato per la tregua, rispettando formalmente i termini dell’accordo. Una sottigliezza che, sul piano diplomatico, evita un nuovo incidente ma al tempo stesso consente all’Iran di prendersi la scena.

Ancora una volta, dunque, la guerra si sposta dal campo militare a quello comunicativo, dove le immagini, i silenzi e i simboli contano quanto – e forse più – dei missili. L’Iran, con questa mossa studiata, ha voluto chiudere la fase dello scontro con un messaggio netto: decidiamo noi quando finisce.

Se il cessate il fuoco reggerà, lo diranno i prossimi giorni. Ma intanto, il messaggio è stato recapitato. Chiaro, scandito al secondo.

Raimondo Schiavone