Blog di Raimondo Schiavone e amici

Sarkozy come Al Capone: arrestato per le briciole, colpevole dell’inferno libico

C’è una strana ironia nel destino dei potenti. Quando cadono, non è mai per i crimini più gravi, ma per le briciole che si sono lasciati dietro. Così fu per Al Capone, il gangster che terrorizzava Chicago, imprendibile per omicidi, traffici e corruzioni, ma finito in prigione per evasione fiscale. E così è per Nicolas Sarkozy, l’ex presidente francese, oggi condannato per il finanziamento illecito della sua campagna elettorale del 2007. Ma se la giustizia lo insegue per denaro sporco, la storia lo giudicherà per qualcosa di molto peggiore: aver contribuito a distruggere la Libia e ad accendere il disastro del Mediterraneo.

Nel 2011 Sarkozy volle fare la guerra. Disse che bisognava “salvare il popolo libico”, liberarlo dal dittatore Gheddafi. Ma chi conosce la politica sa leggere dietro i manifesti dell’umanitarismo. In quella guerra c’erano affari, petrolio, contratti, prestigio internazionale, e un pizzico di vanità personale. Sarkozy non tollerava l’idea che l’Italia avesse più influenza in Tripolitania, e sognava di ridare alla Francia un ruolo da gendarme del Mediterraneo. Il resto è stata una messinscena diplomatica: il tiranno da abbattere, i ribelli da armare, l’Occidente che bombarda “per il bene”.

Gheddafi, fino a pochi anni prima accolto a Parigi con le tende beduine e le strette di mano, diventò improvvisamente il “male assoluto”. Eppure — ironia amara — fu proprio il suo denaro, come sostengono gli inquirenti, ad aver finanziato la scalata politica del giovane presidente francese. Un patto faustiano, una danza tra potere e denaro che si è chiusa con la distruzione di un Paese.

Oggi la Libia è un cimitero geopolitico. Senza Stato, senza istituzioni, preda di milizie, trafficanti e signori della guerra. Un buco nero nel cuore del Mediterraneo che inghiotte tutto: la dignità dell’Africa, la credibilità dell’Europa, la speranza dei migranti. Da quel 2011 il caos si è propagato come una febbre: Mali, Niger, Sudan, tutto un arco di instabilità che ha trasformato la regione in una polveriera. Eppure, nessuno in Occidente ha mai davvero pagato per quella follia. Nessuno, tranne oggi, un po’ tardi, Sarkozy — ma solo per le sue valigette di contanti.

È come se la storia volesse farci un cenno ironico. Il grande burattinaio della guerra, il cavaliere della “libertà dei popoli”, viene incastrato non per il sangue versato, ma per le mazzette. Non per i morti, ma per i milioni. Non per aver distrutto uno Stato, ma per aver preso qualche milione da chi quello Stato lo guidava. Una giustizia a metà, che punisce la forma e assolve la sostanza.

Sarkozy oggi si atteggia a martire. Dice che dormirà “in carcere, ma a testa alta”. Parole che sanno di commedia francese, di attore che recita la parte dell’eroe incompreso. Ma la verità è che la sua condanna morale è già scritta da tempo. Basta guardare le coste di Tripoli, dove i barconi affondano e le milizie si arricchiscono, per capire quanto costi la vanità dei leader europei.

Se Al Capone fu il simbolo dell’arroganza criminale, Sarkozy è il volto della presunzione occidentale: convinto di poter bombardare la democrazia dentro un Paese e venderla come libertà. Capone rovinò Chicago con le pallottole, Sarkozy ha devastato il Mediterraneo con i missili. Entrambi si credevano intoccabili, entrambi hanno finito per inciampare nelle proprie menzogne contabili.

Il problema è che Capone, almeno, non pretendeva di incarnare la civiltà. Sarkozy sì. Parlava di diritti, di Europa, di valori. E intanto giocava con le bombe, come un apprendista stregone che scambia la guerra per un’operazione di marketing politico. Oggi, mentre il suo nome entra nella cronaca giudiziaria, la storia lo inchioda in un’aula più severa: quella dei responsabili del caos mondiale.

Ecco perché questa condanna, pur giusta, suona come una beffa. Perché arriva per le briciole, mentre i veri delitti restano impuniti. La Libia è ancora lì, devastata. Il Mediterraneo, trasformato in un confine di morte. E noi, che abbiamo assistito a quella “guerra umanitaria”, possiamo solo dire che la Storia, ogni tanto, sa essere ironica. Ma mai abbastanza giusta.

Sarkozy non è stato punito per ciò che ha fatto davvero, ma almeno oggi — per una volta — la toga della giustizia gli ricorda che anche i potenti, prima o poi, devono scendere dal piedistallo. E se Al Capone ha avuto la sua Alcatraz, Sarkozy può consolarsi con il suo piccolo inferno giudiziario. Il problema è che il suo inferno lo stanno scontando altri: milioni di persone, a sud del Mediterraneo, in quel buco nero che lui stesso ha aperto in nome della libertà.

Raimondo Schiavone 

Ti sei perso qualcosa?

Iscriviti al servizio di newsletter

SCARICA L'APP L'ORA DI DEMOLIRE sul tuo cellulare

INSTALLA
×
PWA Add to Home Icon

Seleziona questa icona in alto a destra PWA Add to Home Banner e poi scegli l'opzione AGGIUNGI alla SCHERMATA HOME

×