Blog di Raimondo Schiavone e amici

Riflettere senza ipocrisia

Riflettere senza ipocrisia è indispensabile.

È un esercizio di verità, un atto di coraggio e di libertà.
Guardare la realtà senza maschere, senza convenienze, senza compiacere è oggi una delle forme più radicali di resistenza civile.
Perché l’ipocrisia non è solo menzogna: è una strategia collettiva per non cambiare. È il modo elegante con

cui la società si giustifica, si autoassolve, si protegge dalla fatica del riconoscere i propri errori.

L’ipocrisia contemporanea è sottile, insinuante, vestita di buone maniere e parole giuste. Non urla, ma sorride. Non nasconde tutto, ma confonde abbastanza da rendere incerta ogni verità.
Viviamo un tempo in cui il pensiero è piegato al consenso, in cui le parole vengono usate non per chiarire ma per mascherare.
In politica, nella cultura, nei media, nel quotidiano: ovunque si moltiplicano linguaggi che non dicono ma suggeriscono, che non spiegano ma distraggono.

Riflettere senza ipocrisia significa non piegare il pensiero alla convenienza, non cercare l’approvazione ma la coerenza.
Eppure, oggi la coerenza è diventata una virtù sospetta: chi la pratica viene accusato di rigidità, di estremismo, di non adattarsi ai tempi. Ma il pensiero libero non si adatta: si misura, si confronta, si assume la responsabilità di dire ciò che vede.

La libertà, spesso invocata come scudo, è diventata un alibi.
Ci si appella alla libertà per nascondere l’opportunismo, per giustificare la pigrizia morale, per sottrarsi alla verità.
Nascondere, tacere, giustificare, coprire — in nome della libertà — è solo un altro modo di mentire.
È la forma più raffinata dell’ipocrisia: quella che si traveste da diritto per non ammettere la propria colpa.
Così si giustificano le omissioni, si coprono le connivenze, si normalizzano le disuguaglianze.

Il paradosso è che viviamo immersi in una società della trasparenza apparente. Tutto è esposto, condiviso, pubblicato, ma quasi nulla è realmente detto.
Nascondiamo attraverso l’eccesso di informazioni, rendiamo invisibile la verità annegandola nel rumore.
È il trionfo del nascondere moderno: non più il silenzio, ma il frastuono.

Eppure, la verità non ha bisogno di protezione, ma di coraggio.
Il coraggio di guardare in faccia ciò che siamo, ciò che facciamo, ciò che evitiamo di fare.
Il coraggio di ammettere che dietro ogni ipocrisia c’è una paura: la paura del giudizio, della perdita, della solitudine, della responsabilità.
Ma senza verità non esiste libertà, e senza libertà non esiste dignità.

Riflettere senza ipocrisia è, in fondo, un atto politico e morale.
È rompere la catena della convenienza, rifiutare la complicità con il sistema dell’apparenza.
Chi riflette senza ipocrisia non cerca di piacere, ma di capire.
Non parla per difendersi, ma per cambiare.
Perché solo chi ha il coraggio di guardare in faccia la verità — anche quando fa male, anche quando isola — può davvero dirsi libero.

Raimondo Schiavone 

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