La macchina del fango è una bestia lenta ma instancabile. Non dorme mai, non si sazia mai. È alimentata dai mediocri, dagli infangatori di professione, da quelli che non sanno creare nulla ma godono nel distruggere gli altri. Gente che vive per spalare veleno, convinta che basti insinuare un sospetto per fare di un uomo un colpevole.
Negli ultimi giorni ne ho citati alcuni, ne ho esposti altri. Ma oggi, sinceramente, non mi va di fare nomi.
Tanto li conoscete.
Li vedete anche voi.
Li riconoscete dal modo in cui si nascondono dietro un’apparente “civiltà” per poi colpire alle spalle.
Sono ovunque.
A Nuoro, come altrove.
Il vero problema arriva quando il fango ti investe in pieno.
All’inizio non capisci. Ti senti tradito. Cerchi spiegazioni. Poi ti accorgi che non è un errore, è un attacco. E lì comincia il dolore.
Il dubbio negli occhi di chi ti guarda è la prima ferita. Anche chi ti conosce bene, per un istante, esita. Anche chi ti stima, ti osserva da lontano, incerto se avvicinarsi o aspettare che passi la bufera.
Ma il colpo più duro arriva quando vedi il terrore negli occhi di chi ti ama.
I tuoi genitori, i tuoi affetti, i tuoi figli. Non riescono a capire perché il tuo nome venga accostato a parole come “indagine”, “illecito”, “sospetto”.
E tu non hai nemmeno il tempo di consolarli, perché sei impegnato a difenderti, a spiegare, a rimanere in piedi mentre tutto intorno a te sembra voler crollare.
Poi c’è la delusione dei tuoi collaboratori. Persone che hanno lavorato con te con passione, con dedizione, e che ora temono di essere coinvolti. Si sentono vulnerabili, si domandano se quel progetto in cui hanno creduto verrà infangato solo perché qualcuno ha deciso che è più facile distruggere che capire.
E tu senti la responsabilità sulle spalle. La senti tutta. Come un peso che ti spezza ma non ti uccide.
Eppure, in questo schifo, ci sono due cose meravigliose.
La prima è che ti accorgi finalmente di chi sono i veri amici.
Sono pochi, certo. Ma sono veri. Non si nascondono. Non aspettano che passi la tempesta. Ti vengono accanto. Ti scrivono. Ti abbracciano. Ti difendono anche quando non sei nella stanza.
E tu non te lo dimentichi più.
Mai più.
La seconda, forse ancora più importante, è che elimini automaticamente tutta la sporcizia che ti girava intorno.
I finti amici, i parassiti, i collaboratori di comodo, si allontanano da soli.
Non servono più a loro stessi, quindi spariscono.
E anche questo, paradossalmente, è un regalo.
Sì, lo è. Perché alla fine non rimani solo. Rimani pulito. E respiri meglio.
In tutto questo, io non ho smesso di lavorare. Non ho smesso di creare. Non ho smesso di credere in quello che faccio. Ho tenuto la testa alta, anche quando avrebbe fatto comodo abbassarla.
Perché la verità è più forte della calunnia, e perché chi vive con passione non può farsi seppellire dal fango degli altri.
Lo so, torneranno. Non smettono mai.
Ma oggi, almeno per oggi, ho vinto io.
Raimondo Schiavone