Blog di Raimondo Schiavone e amici

Mentana e il Genocidio di Gaza: non è giornalismo, è complicità

Mentre a Gaza si scava ancora tra le macerie, c'è chi nei palazzi ovattati dell'informazione italiana ha già deciso di non vedere. Enrico Mentana, volto storico del TG La7, si è spinto fino a dichiarare con “assoluta sicurezza” che quello in corso non sarebbe un genocidio. E allora, con la stessa fermezza, diciamo che questo non è giornalismo. È acrobazia semantica, complicità sistemica, anestesia morale.

La guerra delle parole, si sa, precede e legittima la guerra vera. Chiamare “conflitto” una mattanza, “risposta” una rappresaglia, “errore” lo sterminio di bambini, serve solo a rendere accettabile l’orrore. E Mentana, pur sapendo benissimo cosa accade a Gaza – centinaia di migliaia di sfollati, ospedali distrutti, bambini carbonizzati sotto le bombe – ha scelto da che parte stare: quella dei sofismi, delle cautele, del lessico che non disturba il manovratore.

Non è la prima volta. I media italiani, con poche eccezioni, hanno coperto gli occhi e tappato le orecchie. Hanno parlato solo quando era tardi. Hanno atteso il permesso di dire, come se la verità fosse una concessione e non un dovere. Ma qui non si tratta di sbagliare valutazione. Qui si tratta di nascondere deliberatamente la verità: il massacro sistematico del popolo palestinese, l’uso del cibo come arma, dell’acqua come strumento di ricatto, dell’informazione come copertura.

Chi nega che a Gaza sia in corso un genocidio si rende complice. Chi rifiuta di usare la parola giusta per paura di disturbare i poteri forti, o per difendere i finanziamenti, non è un giornalista: è un portavoce, un PR del crimine. E chi dirige un telegiornale, da decenni, senza mai mettere in discussione il paradigma dominante, non fa informazione, fa narrazione tossica.

Mentana dirige una TV di proprietà di un gruppo industriale che ha stretti legami con il potere economico e politico italiano. La stessa TV che non osa mettere in discussione le decisioni di Tel Aviv, che marginalizza le voci palestinesi, che dà spazio solo a chi si affretta a ricordare il 7 ottobre mentre ogni giorno muoiono centinaia di innocenti a Gaza.

E allora no, non ci stiamo. Non accettiamo che ci venga detto cos'è genocidio da chi ha sempre taciuto sui genocidi veri. Non ci faremo dare lezioni di etica da chi ha costruito una carriera facendo equilibrio tra i salotti buoni e la viltà. Non dimenticheremo.

La storia li giudicherà. Giudicherà chi ha avuto il microfono e ha scelto di non usarlo. Chi ha avuto il potere della parola e l’ha venduto per una posizione, una carriera, un’illusione di neutralità. Il giornalismo non è essere neutrali tra carnefici e vittime. Il giornalismo è avere il coraggio di chiamare il crimine con il suo nome.

E allora diciamolo: a Gaza è genocidio. E chi lo nega, con tutta la sicurezza del suo privilegio, ha le mani sporche come chi lo ordina.


Raimondo Schiavone