Blog di Raimondo Schiavone e amici

Mario Sechi, l’ossequio di Netanyahu. L’ossessione del lecchinismo

Nel grande teatro della politica internazionale, dove si decidono guerre, morti e genocidi con un clic, c’è sempre qualcuno che riesce a farsi notare non per il coraggio delle sue posizioni, ma per la lucentezza della lingua con cui lustra le scarpe (o le bombe) del potente di turno. Stavolta tocca a Mario Sechi, già portavoce della Meloni, oggi giornalista-commentatore e, a quanto pare, ambasciatore onorario del Likud in Italia.

Sechi non si limita più a difendere Netanyahu

: lo esalta, lo incensa, lo mitizza come se fosse un misto tra Churchill e Mosè, mentre Israele bombarda civili, chiude canali d’informazione e viene accusato dai più autorevoli organismi internazionali di crimini di guerra. In compenso, Sechi si erge a paladino della “verità”, quella narrata nei salotti romani, nei brief con l’ambasciata e nei tweet che odorano più di propaganda che di giornalismo.

A questo punto, c’è da chiedersi se il buon Sechi abbia mai sentito parlare della deontologia giornalistica, o se ormai la confonda con la cartella stampa dell’IDF. Con la stessa faccia con cui spiegava alla stampa italiana che la Meloni non era diventata premier grazie a un’ondata di populismo ma grazie “al voto popolare maturo”, oggi ci racconta che Netanyahu sta salvando l’Occidente. Salvando da chi? Dai palestinesi rimasti senza acqua, dalle ONG, o dai bambini sotto le macerie?

Ma c’è di più. Sechi è sardo, almeno anagraficamente. E qui sorge il problema.
Perché se uno che viene da una terra oppressa, sfruttata, spesso dimenticata da Roma e dall’Europa, finisce a leccare con zelo coloniale il più violento degli Stati contemporanei, allora forse è il caso di revocargli il passaporto sardo. O, quantomeno, spedirlo a Tel Aviv in qualità di commentatore embedded, con visto permanente e bandierina in tasca.

Dopotutto, in un mondo dove i giornalisti diventano portavoce e poi di nuovo giornalisti, non fa più notizia che qualcuno confonda il microfono con lo spazzolone. Ma quando lo fa in modo così servile, così entusiasta, così smaccatamente filo-bellico, non è più informazione. È pornografia geopolitica.

In conclusione, Mario Sechi non è solo il più grande lecchino della storia – primato ambizioso, vista la concorrenza in Italia – ma è anche la prova vivente che, nel giornalismo italiano, la vergogna è un optional.

E allora, caro Mario, se proprio ti piace tanto Netanyahu, perché non ti candidi al Knesset? Magari nella lista “Likud Sardegna – l’orgoglio di stare sempre dalla parte sbagliata della Storia”.

Raimondo Schiavone