Teheran risponde colpo su colpo. Dopo le dichiarazioni trionfanti di Donald Trump sull’“obliterazione” dell’impianto nucleare di Fordow, situato nei pressi della città santa di Qom, arriva la secca smentita da parte delle autorità iraniane. A parlare è Manan Raisi, deputato del Parlamento iraniano eletto proprio a Qom, la città che ospita uno dei siti strategici più protetti del programma nucleare nazionale.
“Contrariamente a quanto affermato dal bugiardo presidente degli Stati Uniti – ha dichiarato Raisi – l’impianto nucleare di Fordow non è stato gravemente danneggiato. Sono state colpite solo alcune strutture superficiali, facilmente ripristinabili. Tutto ciò che poteva rappresentare un pericolo per la popolazione era già stato evacuato in anticipo. Non ci sono state vittime, né fughe radioattive, né danni al reattore sotterraneo. Le affermazioni di Trump sono completamente false”.
La replica iraniana si inserisce in un momento di altissima tensione, dopo i bombardamenti ordinati da Washington contro tre obiettivi nucleari iraniani, tra cui appunto Fordow. Mentre i media statunitensi parlano di un “attacco devastante”, il governo iraniano smonta la narrazione punto per punto, accusando l’amministrazione americana di diffondere notizie false per nascondere l’effettiva inefficacia dell’operazione militare.
Ma al di là del danno materiale, è il significato politico dell’attacco a preoccupare Teheran. “Consideriamo questa aggressione statunitense – ha aggiunto Raisi – come l’ingresso diretto degli Stati Uniti nella guerra. Finora combattevano per procura, dietro Israele. Ora sono entrati apertamente in campo. Adesso spetta all’Iran decidere come e quando rispondere alla palese stupidità americana”.
Le parole del deputato non sono isolate. A Qom, città conservatrice e cuore pulsante dell’establishment religioso iraniano, il clima è di unità nazionale e prontezza. Le forze armate sono in stato di massima allerta, e il messaggio che giunge da Teheran è chiaro: la risposta ci sarà, sarà calibrata, e sarà decisa solo da Teheran.
Nel frattempo, fonti del governo confermano che le strutture critiche e il materiale sensibile erano stati spostati preventivamente da settimane, segno che l’Iran si aspettava l’attacco ed era pronto. Il sito di Fordow, scavato a oltre 80 metri sotto una montagna, è tra i più protetti al mondo. E, a quanto pare, nemmeno le bombe americane sono riuscite a penetrare lo scudo di cemento e roccia.
La guerra delle narrazioni è ormai aperta. Mentre Trump cerca consensi sulla scena internazionale con proclami muscolari, l’Iran punta a svelare le contraddizioni e le bugie della propaganda americana. La battaglia, ormai, non è solo militare. È diplomatica, informativa, simbolica. E l’Iran, come dimostrano le parole di Raisi, non ha alcuna intenzione di stare a guardare.
Raimondo Schiavone