Blog di Raimondo Schiavone e amici

L’ILLUSIONE DI POTERE: IL DISASTRO DI ISRAELE, LA FUGA DI TRUMP, IL SILENZIO DELL’EUROPA

L’ultima aggressione militare contro l’Iran ha messo in luce una verità che molti fingevano di non vedere: Israele ha perso il confronto diretto con l’Iran, e gli Stati Uniti sono stati costretti a intervenire per salvare l’apparenza, l’onore e la supremazia strategica di un alleato ormai in crisi sistemica. A pagarne le conseguenze, ancora una volta, è l’ordine internazionale. Il diritto è stato calpestato. Le istituzioni ignorate. Il multilateralismo sbeffeggiato.

Trump, nella sua teatrale e prevedibile esibizione di forza, ha ordinato un attacco missilistico contro tre impianti nucleari iraniani – Fordow, Natanz, Isfahan – proclamando una “vittoria totale”. Ma la realtà, come sempre accade nella propaganda americana, è ben diversa. Le strutture critiche erano state evacuate, i danni sono superficiali, nessuna contaminazione radioattiva, nessuna vittima. Le tanto sbandierate bombe intelligenti hanno avuto meno effetto del suo ultimo post su Truth Social.

A dirlo non sono solo i media iraniani. Lo confermano analisti internazionali come Scott Ritter, ex ispettore ONU, e lo stesso Centro Nazionale iraniano per la Sicurezza Nucleare. A Fordow non è accaduto nulla di strategicamente rilevante. A Isfahan e Natanz nemmeno. E intanto l’Iran ha risposto con precisione: venti ondate missilistiche, tra cui l’uso dei nuovi Heybarshekan a testate multiple, attacchi a raffinerie israeliane, basi strategiche, bunker antiaerei, quartieri a sud di Tel Aviv. Risultato: interi settori del Paese paralizzati, spazio aereo chiuso, voli sospesi, Israele costretto a cedere l’iniziativa.

Ed è qui che la sceneggiatura si rompe. Netanyahu, prima minaccioso, ora si rifugia nel silenzio e ringrazia Trump per il “supporto fraterno”. È un ringraziamento che sa di resa. Perché la verità è semplice: Israele non ha più la superiorità militare nella regione. È stato sconfitto sul campo, prima da Hezbollah e dalle milizie regionali, ora direttamente dall’Iran. E quando il padrone non riesce più a domare il cane da guardia, interviene in prima persona.

Il paradosso è che l’Iran non voleva la guerra. Lo dicono fonti ufficiali iraniane: erano in corso colloqui informali con gli Stati Uniti, nonostante la tensione con Israele. Ma evidentemente, un accordo non era nei piani di chi ha bisogno della guerra per restare al potere. Così, è stata imposta un’escalation. Una guerra che l’Iran non ha iniziato, ma alla quale ha risposto con fermezza e lucidità, senza isterismi, senza proclami vuoti, ma con l’efficacia di chi sa dove e quando colpire.

Nel mezzo di tutto questo, l’Europa resta in silenzio. Eppure, mai come ora avrebbe potuto ritagliarsi uno spazio autonomo, credibile, costruttivo. Il disastro israeliano, la sproporzionata reazione americana, la condanna da parte di Cile, Cuba, Arabia Saudita, Iraq, Qatar, Yemen e Palestina, aprivano una finestra diplomatica enorme. Un varco. Un’occasione. Se avessimo avuto leader capaci, oggi l’Europa avrebbe potuto sedersi al tavolo con Cina e Russia, isolare i criminali del diritto internazionale e costruire le condizioni per una pace multilaterale e duratura.

Ma non illudiamoci. Non abbiamo leader così capaci. Invece di pensare a mediare, Macron fa il militare, Scholz cerca approvazione negli USA, Meloni applaude in silenzio. Nessuno ha il coraggio di dire che l’America ha commesso un errore gravissimo, un atto di guerra inutile, un intervento tardivo e goffo per coprire la disfatta dell’alleato sionista.

Le bombe di Trump sono state meno efficaci delle sue parole, e le sue parole – più che affondare l’Iran – stanno affondando l’America nella palude dell’imperialismo fallito. È l’illusione di potere di un impero che non sa più vincere. Un impero che si muove per riflesso, che bombarda per abitudine, che mente per necessità. Ma il mondo, questa volta, ha visto tutto. E forse, da questo punto, non si torna più indietro.

Raimondo Schiavone