Blog di Raimondo Schiavone e amici

Le lacrime di coccodrillo di Mario Guerrini

Ci risiamo. Mario Guerrini, il paladino delle verità “scomode”, torna a commuovere le folle con un nuovo episodio del suo personalissimo “Mio Osservatorio”, che ormai assomiglia sempre più a una telenovela del vittimismo eroico. Questa volta si paragona – senza pudore – a Sigfrido Ranucci, il giornalista di Report a cui hanno fatto saltare l’auto. E già qui, le proporzioni si sbriciolano.

Ranucci rischia la vita per inchieste scomode, che toccano mafie, appalti miliardari e collusioni di Stato. Guerrini invece rischia… un like in meno su Facebook. O una querela per diffamazione, che non è proprio la stessa cosa di una bomba sotto casa.

“Provate a toccare i potenti”, scrive Guerrini con tono messianico, mentre da anni si diverte a sparare a zero su tutto e tutti, tranne che su chi gli conviene non toccare. Il suo “Mio Osservatorio” è ormai un laboratorio di risentimenti personali, dove l’inchiesta diventa opinione, e l’opinione si traveste da missione civile.

“Mi attaccano, mi querelano, mi isolano…” — dice. Certo, ma se ogni tanto le parole si sostituiscono ai fatti e la diffamazione si camuffa da coraggio, allora non è più libertà di stampa: è solo chiacchiera travestita da eroismo.

Guerrini si lamenta che nessuno lo difende, che nessuno lo conforta. Forse perché il giornalismo vero non ha bisogno di carezze, ma di credibilità. E quella non si ottiene piangendo sulle tastiere o evocando la mafia accademica in salsa universitaria.

Le sue parole “Anche Ranucci è stato isolato. Sinché qualcuno gli ha fatto saltare l’auto” sono un capolavoro di autocelebrazione involontaria. Come dire: “Siamo uguali, solo che a me è esploso l’ego, a lui la macchina.”

C’è chi è lupo, e chi è sciacallo. Il lupo si espone, rischia, indaga, viene colpito perché tocca nervi scoperti. Lo sciacallo si aggira tra le carcasse del potere, ulula con aria tragica e poi si riflette nello specchio dicendo: “Che coraggioso che sono.”

Le lacrime di coccodrillo non fanno notizia. Ma ogni tanto fanno sorridere. Anche se, a leggere Guerrini, il sorriso viene con un retrogusto amaro — quello del giornalismo che si è smarrito tra vanità e lamenti, e che confonde il coraggio con la sceneggiata.

E allora no, Mario: non confondiamoci. Sigfrido Ranucci è un lupo. Tu, al massimo, un eco lontano che ulula alla luna cercando applausi.

Raimondo Schiavone 

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