Blog di Raimondo Schiavone e amici

La Sardegna ha il coraggio di tagliare i fondi ai progetti con Israele o è solo propaganda?

Raimondo Schiavone

Cagliari – Le mozioni approvate o in discussione nei consigli regionali d’Italia – da Puglia ed Emilia-Romagna fino alla Sardegna – hanno un profumo nobile. Condanna delle stragi a Gaza, denuncia delle violazioni dei diritti umani da parte dello Stato d’Israele, richieste di cessate il fuoco e inviti a non avere rapporti con aziende e istituzioni coinvolte nel massacro. Tutto giusto. Tutto sacrosanto. Ma tutto tremendamente parziale.Perché se davvero la Sardegna vuole essere la Regione che spezza il silenzio e si schiera dalla parte della giustizia, deve avere il coraggio di toccare la ciccia vera: i soldi europei che finanziano direttamente i progetti con Israele, e che passano sotto il suo stesso naso, attraverso il programma ENI CBC MED.Già, perché pochi lo sanno, ma la Regione Autonoma della Sardegna è l’Autorità di Gestione di questo programma europeo di cooperazione transfrontaliera. Questo significa che ogni progetto, ogni fondo, ogni euro che passa sotto l’etichetta “Med” ha l’imprimatur della Regione, che coordina e approva. E dentro questi progetti, Israele è protagonista, spesso insieme alle università sarde, con nomi e cognomi: Università di Cagliari, Sassari, centri di ricerca israeliani, municipi israeliani, startup israeliane. Tutto nero su bianco.Cosa sono i programmi ENI CBC MED?Parliamo di cooperazione euromediterranea, finanziata con fondi dell’Unione Europea e destinata a favorire la “pace, la cooperazione, lo sviluppo economico e culturale” tra le sponde del Mediterraneo. Ma in concreto, questi fondi sono serviti a finanziare – anche in tempi recentissimi – progetti agricoli, tecnologici, sociali e culturali tra enti sardi e istituzioni israeliane. In piena guerra. In piena occupazione militare. In piena emergenza umanitaria a Gaza.E allora la domanda è semplice e bruciante: la presidente Alessandra Todde e la nuova maggioranza avranno il coraggio di sospendere questi flussi finanziari? Di bloccare la cooperazione con istituti accademici israeliani che ricevono milioni da Bruxelles passando per Cagliari?Perché tutto il resto – le mozioni, le conferenze, gli appelli, le condanne “morali” – rischia di essere solo aria fritta, fumo per pacificare le coscienze di chi non vuole sporcarsele davvero. Perché i soldi, non le parole, fanno la differenza. E perché non si può gridare “cessate il fuoco” a Gaza e intanto firmare progetti da 3 milioni di euro con partner israeliani due piani più in là.Il coraggio, oggi, è dire basta anche a quello. È dire che la Sardegna non finanzierà – nemmeno indirettamente – chi sostiene o tace davanti a un genocidio. È dire ai professori universitari, ai rettori, ai burocrati: basta convenzioni con chi bombarda ospedali, scuole, campi profughi. Basta gemellaggi con le università di uno Stato che chiude gli occhi davanti ai bambini mutilati, alle madri massacrate, ai giornalisti assassinati.La Sardegna può essere la prima regione in Europa a bloccare i progetti del programma ENI CBC MED con Israele. Può farlo. Deve farlo. Se davvero la mozione votata in questi giorni ha un’anima, se davvero la politica sarda ha ancora uno spessore etico, questa è l’occasione per dimostrarlo. Altrimenti resterà l’ennesimo esercizio di retorica in Aula: applausi, indignazione ben pettinata, e poi silenzio operativo.Nel frattempo, i progetti scorrono, i fondi vengono assegnati, le foto di gruppo si moltiplicano. Mentre a Rafah si continua a scavare sotto le macerie.Non basta la voce, servono le mani.Mani che bloccano, firmano, cambiano. Mani che tagliano. Anche se costa.Noi vi guardiamo.Gaza vi guarda.La storia vi giudicherà.