Mentre nel mondo si corre, l’Italia zoppica. E in Sardegna si sperimenta, spesso in silenzio. L’edutec – l’incontro tra educazione e tecnologia – è oggi una delle leve strategiche più importanti per preparare i giovani al mondo che verrà. Robotica, intelligenza artificiale, coding, stampa 3D, automazione: non sono più ambiti specialistici, ma alfabeti di base per le nuove generazioni.
La Cina, ad esempio, ha già inserito questi strumenti nei curricula scolastici di base. Il piano quinquennale prevede che ogni studente acquisisca competenze minime di programmazione e robotica già nei primi anni. Sono migliaia i laboratori pubblici e privati che alimentano la nuova cultura tech, con uno sguardo strategico e sistemico.
In Italia, invece, si procede ancora troppo spesso per esperimenti isolati, progetti pilota, eccellenze che non riescono a diventare sistema. Il PNRR ha promesso molto, ma l’integrazione effettiva dell’educazione tecnologica nella scuola resta una sfida ancora aperta.
Ed è proprio in Sardegna che si segnala una delle esperienze più interessanti del panorama nazionale. Opificio Innova – realtà attiva nel settore dell’innovazione educativa – ha coinvolto negli ultimi quattro anni circa 10.000 ragazze e ragazzi dai 6 ai 19 anni in attività formative sulla robotica, l’intelligenza artificiale, il coding e la progettazione digitale. Un vero e proprio ecosistema dell’innovazione educativa che lavora in rete con le scuole, con le famiglie, con il mondo dell’impresa e con una visione chiara: offrire ai giovani non solo strumenti tecnici, ma una cultura dell’innovazione.
Non è solo questione di saper usare la tecnologia, ma di pensare con la tecnologia. Di sviluppare senso critico, creatività, capacità di lavorare in gruppo, risolvere problemi, immaginare soluzioni. Opificio Innova dimostra che tutto questo è possibile anche in Sardegna, anche partendo da un contesto periferico rispetto ai grandi centri decisionali.
Un cenno va comunque fatto: serve che le istituzioni, a tutti i livelli, riconoscano e valorizzino queste esperienze. Non con applausi o targhe celebrative, ma con scelte strutturali, visione strategica, sostegno concreto. Perché i ragazzi sardi hanno le stesse potenzialità di quelli di Shenzhen, di Milano o di Berlino. Basta dar loro gli strumenti giusti.
Il futuro passa di qui. E in Sardegna c’è chi, da anni, lo costruisce un ragazzo alla volta, un robot alla volta.
Raimondo Schiavone