Blog di Raimondo Schiavone e amici

Israele, la minaccia che accusa: la verità che fa paura. Le parole di Avi Shlaim

Lo storico israeliano Avi Shlaim, professore a Oxford e voce scomoda in patria, ha detto a voce alta ciò che molti sussurrano da a

nni: è Israele, non l’Iran, a rappresentare una reale minaccia alla stabilità della regione. Uno Stato che ha attaccato più volte i suoi vicini, che possiede centinaia di testate nucleari, che non ha mai firmato il Trattato di non proliferazione e che continua a manipolare l’opinione pubblica internazionale con una campagna di disinformazione sistematica lunga oltre quarant’anni. Mentre l’Iran, malgrado tutte le accuse, non ha mai attaccato un vicino, ha firmato l’NPT, non possiede armi nucleari e si trova sotto costante pressione, sanzioni, minacce di bombardamento preventivo e sabotaggi.

Nel mondo al contrario della diplomazia occidentale, il paese armato fino ai denti, fuori da ogni regime di controllo multilaterale, viene considerato un baluardo di sicurezza. Mentre quello che cerca — per quanto a volte in modo goffo e opaco — di difendere la propria sovranità, viene trattato come un paria. I media occidentali si bevono la versione israeliana senza fiatare, e i governi, come quello italiano, si accodano puntualmente alle risoluzioni pilotate da Washington e Tel Aviv. Anche quando queste risoluzioni — come l’ultima dell’AIEA — servono solo a preparare il terreno all’ennesimo “attacco preventivo”, che in realtà è solo un atto di guerra programmato.

Avi Shlaim non parla da attivista, né da fanatico anti-sionista. Parla da storico. Da israeliano. Da ebreo che ha deciso di non voltare la faccia davanti alla propaganda di Stato. E le sue parole pesano più di mille analisi di facciata. L’Iran non ha armi nucleari e non ci sono prove che stia cercando di produrle, dicono da anni anche fonti della CIA e dei servizi americani. Ma la minaccia iraniana fa comodo. Serve a compattare l’opinione pubblica israeliana attorno al governo. Serve a giustificare la militarizzazione continua. Serve a tenere in vita una narrativa ossessiva, che divide il mondo tra bene e male, tra democrazie che possono tutto e dittature che non possono nulla.

Intanto Netanyahu, incastrato nel disastro umanitario e militare di Gaza, guarda a Teheran come all’ultima carta da giocare per salvarsi politicamente. E mentre prepara la prossima escalation, l’occidente finge di non vedere il paradosso: il paese con 400 testate nucleari grida al pericolo rappresentato da chi non ne ha nemmeno una. Il doppiopesismo è diventato sistema, l’ipocrisia politica si è fatta dottrina. E in tutto questo, l’Italia resta il bassotto al guinzaglio: fedele, silenziosa, utile solo per il suo voto automatico in sedi internazionali che servono più la strategia del conflitto che la pace.

di Raimondo Schiavone