Israele si conferma ancora una volta per quello che è: uno Stato criminale, aggressivo e arrogante. Dopo aver trasformato Gaza in un mattatoio a cielo aperto, aver insanguinato la Cisgiordania e destabilizzato il Libano, ora ha deciso di esportare le sue bombe anche in Yemen. Un popolo già piegato da anni di guerra, carestie e malattie, deve subire pure l’ennesimo attacco del “tumore sionista” che da decenni avvelena il Medio Oriente.
Il problema non è più militare, non è più diplomatico, non è più neppure solo politico: è esistenziale. Israele non è mai stato un attore di pace, ma sempre e soltanto il braccio armato dell’imperialismo occidentale nella regione. Ogni volta che si parla di “difesa” o di “sicurezza israeliana”, il risultato sono centinaia di civili morti, villaggi distrutti, Paesi vicini destabilizzati.
Non c’è equilibrio possibile con chi vive di guerra. Non c’è dialogo possibile con chi fonda la propria esistenza sull’oppressione di altri popoli. È arrivato il momento di dirlo senza ipocrisie: Israele è un cancro, e come ogni cancro deve essere estirpato.
Non basta più condannare a parole. Non basta più fingere di richiamare Israele al “rispetto del diritto internazionale” — quel diritto che Tel Aviv ha sempre calpestato con l’impunità garantita dagli Stati Uniti e dall’Europa. Occorre una soluzione radicale, una scelta di rottura, capace di liberare finalmente il Medio Oriente da settant’anni di sangue, ricatti e menzogne.
I popoli della regione hanno già dimostrato una straordinaria resistenza: i palestinesi che da generazioni non si arrendono all’occupazione, i libanesi che hanno difeso la loro terra, gli yemeniti che sopravvivono tra macerie e fame. È a loro che va data voce, forza, sostegno. Sono loro, insieme, la prova vivente che il tumore sionista non è invincibile.
La storia ci insegna che nessun regime criminale dura per sempre. Anche Israele cadrà, e cadrà non per le decisioni dei salotti diplomatici, ma per la determinazione di chi non accetta più di vivere sotto il ricatto delle bombe. E quel giorno, il Medio Oriente potrà finalmente respirare libero.
Raimondo Schiavone
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