Blog di Raimondo Schiavone e amici

Il Sud del mondo si ribella alla follia di Netanyahu

In un mondo ormai anestetizzato al linguaggio della guerra, c’è ancora chi ha il coraggio di alzare la voce. Ed è significativo – anzi, emblematico – che questa voce provenga dal Sud globale. I Paesi BRICS – Russia, Cina, Brasile, ma anche India e Sudafrica – hanno detto no. No alla barbarie, no alla violenza unilaterale, no alla follia criminale di un uomo che da troppo tempo tiene in ostaggio un’intera regione: Benjamin Netanyahu.

L’attacco aereo lanciato da Israele contro l’Iran è stato un gesto irresponsabile, ingiustificabile, e soprattutto pericoloso. Un attacco codardo, perché colpisce un Paese già sotto pressione internazionale, che stava faticosamente cercando di aprirsi al dialogo e di trovare una via di convivenza con il resto del mondo. Ma questo, evidentemente, non andava bene a Tel Aviv. E non andava bene neanche a Washington, dove il solito clown reazionario di nome Donald Trump ha brindato alla guerra come se stesse inaugurando un casinò a Las Vegas.

La Russia, per prima, ha rotto il silenzio. Putin ha parlato chiaro: l’attacco israeliano è una “violazione del diritto internazionale”, un’aggressione “unilaterale, pericolosa e destabilizzante”. Il suo portavoce Peskov ha rincarato la dose, definendo l’azione “un atto di guerra deliberato” che rischia di portare tutto il Medio Oriente nel caos. Perché la verità, che l’Occidente non ha il coraggio di dire, è che Israele sta cercando la guerra per nascondere la sconfitta a Gaza, per spostare il baricentro della tensione, per rianimare un consenso che Netanyahu ha ormai perso anche tra i suoi.

La Cina, con il suo stile più sobrio ma non meno tagliente, ha espresso “profonda preoccupazione”, ricordando a tutti che esistono ancora regole, che esiste ancora qualcosa che si chiama sovranità nazionale, e che bombardare un Paese sovrano senza alcuna risoluzione ONU è un crimine. Pechino ha offerto mediazione, ma ha anche ammonito: chi cerca il conflitto ne pagherà le conseguenze.

Il Brasile, nonostante la distanza geografica, ha saputo mostrare una lucidità che manca a molte cancellerie europee. Il governo Lula ha definito l’attacco israeliano “una minaccia all’ordine internazionale” e ha richiamato Israele al rispetto della Convenzione di Vienna. E mentre l’Europa balbetta, si divide, si volta dall’altra parte, il Sud del mondo – quello deriso per anni, usato come laboratorio di geopolitica, ridotto a spettatore delle decisioni altrui – oggi prende posizione.

E lo fa con una chiarezza che spiazza.

Chi continua a credere che Israele sia l’unico baluardo di civiltà in una regione di barbari dovrebbe aprire gli occhi. L’Iran, con tutte le sue contraddizioni, stava cercando una via. Non ha scelto questa guerra. Netanyahu sì. L’ha scelta scientemente, con cinismo, per garantirsi un posto nella storia. Ma non come difensore di Israele. Come il suo becchino.

I BRICS hanno capito una cosa fondamentale: non si può più stare zitti. Perché questa non è solo una guerra tra due Stati. È una dichiarazione di principio. È la riaffermazione arrogante di un diritto all’aggressione, travestito da difesa. È la negazione di ogni ordine multipolare. È la guerra preventiva come dottrina permanente. È la Palestina che muore nel silenzio generale, mentre i riflettori si spostano su Teheran.

I Paesi del Sud globale non hanno più intenzione di stare a guardare. Non accetteranno più che un manipolo di potenze occidentali detti le regole e le infranga quando non le conviene. Non saranno più ruote di scorta di un sistema malato che considera legittimo tutto ciò che fa Israele, e terrorismo tutto ciò che lo mette in discussione.

No, questa volta no.

Questa volta, l’indignazione si trasforma in azione. In diplomazia attiva. In dichiarazioni forti. In alleanze che fanno paura a chi ha vissuto di egemonia incontrastata. Perché il mondo sta cambiando. E Netanyahu, con il suo bombardamento scellerato, ha appena acceso la miccia del cambiamento.

E quando la Storia presenterà il conto, non sarà il Sud del mondo a doversi giustificare. Saranno altri. Quelli che oggi applaudono. Quelli che tacciono. Quelli che, ancora una volta, hanno scelto la parte sbagliata.

Raimondo Schiavone 

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