Non nascondete la testa sotto la sabbia, perché se oggi tocca a me, domani toccherà a voi. Anzi no, tocca a tutti: a rotazione, a caso, come una roulette russa dell’ipocrisia digitale. Il suo nome è Guerrini Mario. Un tempo socialista da sezione, oggi forcaiolo da social. Ex giornalista sportivo – categoria già pericolosamente incline all’onniscienza – si è reinventato giudice supremo della pubblica moralità. Con un post ti solleva, con un altro ti crocifigge. Versione low cost del Grande Inquisitore, ma con la fibra ottica.
Chi è che lo legittima? Voi. Sì, proprio voi. Quelli che leggono i suoi post e pensano: “Eh però magari qualcosa di vero c’è…” E intanto il veleno si diffonde. Perché la cosa più tossica non è Guerrini. Sono i tiepidi. I silenziosi. I pavidi che non hanno il coraggio di dire: “Basta”. Quelli che lo lasciano agire “perché tanto non riguarda me”.
Errore. Grave errore.
Perché Guerrini è come l’umidità nei muri: all’inizio sembra solo fastidiosa, poi ti sbriciola le fondamenta. Ti osserva, ti schedula, ti studia. Non gli serve la verità, gli basta un sospetto, una mezza frase, una fotografia in controluce. Poi parte il post. Il commento acido. L’hashtag indignato. E tu sei fregato.
Io lo so. Sono Raimondo Schiavone. E sono stato bersaglio dei suoi sproloqui. Non mi ha fatto paura. Mi ha fatto schifo. E ve lo dico: tirate fuori le palle, perché nessuno si salva stando zitto.
Oggi è una professionista, ieri ero io, domani sarà un insegnante, un artista, un impiegato. Qualsiasi persona con un minimo di visibilità o dignità. Guerrini non colpisce i disonesti. Colpisce i vivi. I presenti. Quelli che si espongono, che dicono, che creano.
Il suo sogno? Un mondo muto. Un popolo inginocchiato davanti al suo feed.
Fermiamolo con l’unica arma che non sa usare: la verità detta con ironia e senza paura.
Perché Guerrini è il re nudo. E noi finalmente possiamo ridere. Ma a voce alta.