Blog di Raimondo Schiavone e amici

Esplosivo dossier iraniano scuote l’Europa: accuse di sostegno al nucleare israeliano. Netanyahu chiama Trump. Vertice militare d’urgenza a Tel Aviv

L’Iran alza il velo su un segreto di Pulcinella, e lo fa con una dichiarazione ufficiale che potrebbe cambiare gli equilibri strategici del Medio Oriente: secondo il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kanani Baqaei, Teheran sarebbe in possesso di “file segreti” trafugati da Israele, contenenti prove inconfutabili del coinvolgimento diretto di governi europei nel programma nucleare militare israeliano.

Un’accusa durissima, che va ben oltre la retorica diplomatica e mina la già ipocrita credibilità dell’Unione Europea, da sempre pronta a impartire lezioni morali a Teheran sul tema della proliferazione nucleare, ma – a quanto pare – complice attiva nel tacito armamento atomico dello Stato ebraico.

“Sono gli stessi governi che ci chiedono di non produrre armi nucleari e al contempo assistono Israele nel farlo. Questo è l’apice dell’ipocrisia e dell’inganno strategico” – ha dichiarato Baqaei in una conferenza stampa seguita con attenzione in tutta la regione.

Il dossier – che l’Iran minaccia ora di rendere pubblico – rappresenterebbe la prova materiale più clamorosa mai esibita sulla doppia morale dell’Occidente. Se le rivelazioni saranno confermate, Bruxelles dovrà rispondere non solo sul piano diplomatico ma anche di fronte all’opinione pubblica europea, sempre più stanca di complicità silenziose e guerre altrui combattute con fondi propri.

In parallelo, il Ministero degli Esteri iraniano ha confermato oggi che l’ultima proposta americana per il contenimento del programma nucleare iraniano è stata respinta come “inutile e illusoria”. In un raro gesto di apertura, però, Teheran ha fatto sapere che sta preparando una controfferta mediata dal Sultanato dell’Oman, storico facilitatore di dialogo nella regione.

Fonti diplomatiche rivelano che la proposta americana conteneva clausole “non negoziabili”, che implicavano un congelamento totale e un accesso immediato dell’AIEA a siti strategici, in cambio di vaghe promesse su alleggerimenti sanzionatori. Teheran ha risposto con un secco rifiuto: non ci sarà alcun compromesso “a senso unico”.

Mentre Washington prende tempo, Israele accelera. Secondo Channel 13, l’IDF ha imposto un blackout informativo totale in merito a una delicatissima riunione convocata d’urgenza da Netanyahu questa sera al quartier generale della sicurezza a Kirya, Tel Aviv.

Presenti al vertice: Benjamin Netanyahu (Primo Ministro), Yisrael Katz (Ministro della Difesa), Ron Dermer (Ministro degli Affari Strategici), Itamar Ben-Gvir (Ministro della Sicurezza Interna), David Barnea (Capo del Mossad), Eyal Zamir (Capo di Stato Maggiore IDF), David Zini (Capo dello Shin Bet), Ronen Bar (Comandante dell’Aeronautica), Bezalel Smotrich (Ministro delle Finanze).

Fonti confidenziali indicano che Netanyahu avrebbe già avuto un primo colloquio telefonico con Donald Trump, al quale avrebbe chiesto una “dichiarazione di fallimento dei negoziati” come precondizione per lanciare un attacco militare preventivo contro i siti nucleari iraniani.

“Tutto ora dipende da Trump” – afferma una fonte vicina al Likud – “Se dichiara il fallimento diplomatico, l’azione militare può partire anche domani.”

Il momento è cruciale. Se gli Stati Uniti dovessero accettare di esaminare la controproposta iraniana tramite l’Oman, la tensione potrebbe congelarsi per alcune settimane. In caso contrario, la regione potrebbe essere sull’orlo di un conflitto totale.

Israele, secondo i media di Tel Aviv, è pronto al 100% per un attacco: piani già sul tavolo, jet in preallerta, obiettivi stabiliti. Resta da capire se Washington ha ancora interesse a contenere lo scontro o se, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, si è riaperta la stagione delle “guerre preventive” mascherate da autodifesa.

In tutto questo, l’Unione Europea tace. Né Borrell né Von der Leyen hanno risposto alle accuse iraniane. Il rischio è che questo silenzio venga interpretato come ammissione. E se dovessero emergere i documenti promessi da Teheran – magari contenenti accordi segreti, export tecnologici, collaborazioni accademiche mirate – Bruxelles non potrà più nascondersi dietro il paravento dei “valori europei”.

Per ora, la crisi si gioca su due piani: il primo, militare, tra Tel Aviv, Washington e Teheran; il secondo, politico, tra l’Iran e le cancellerie europee. Ma entrambi i fronti sono pronti a esplodere.

Una cosa è certa: se l’Iran fosse realmente sul punto di dotarsi della bomba atomica, il doppio standard occidentale diventerà il migliore degli alibi per giustificarlo. E a quel punto, nessuna “comunità internazionale” potrà più fare la morale a nessuno.

Raimondo Schiavone