Nella notte, ancora una volta, il mondo ha assistito in silenzio complice all’ennesimo crimine perpetrato da Israele, che ha colpito il territorio della Repubblica Islamica dell’Iran con un vile attacco missilistico contro un’area residenziale. Donne, bambini, scienziati, ufficiali militari: le vittime sono il volto tragico di un’aggressione che non ha nulla di militare e tutto di terroristico.
L’attacco non è stato compiuto contro una base operativa o un obiettivo strategico, ma contro la vita quotidiana, contro la dignità di un popolo. Come ha giustamente dichiarato il Generale Nasirzadeh, prendere di mira le abitazioni civili non è solo una violazione del diritto internazionale: è l’espressione più profonda della natura animalesca del regime sionista.
Israele ha agito, ancora una volta, con l’arroganza di chi si crede impunito. Forti del sostegno politico, mediatico e militare degli Stati Uniti e di gran parte dell’Unione Europea, Netanyahu e il suo governo ultranazionalista agiscono come banditi armati, giocando con la stabilità regionale come se fosse una partita a risiko, convinti che la guerra preventiva e l’assassinio mirato siano strumenti legittimi.
Ma stavolta potrebbe aver fatto male i conti. L’Iran non è un attore debole, né un bersaglio indifeso. È una nazione con una struttura militare, diplomatica e tecnologica che ha già dimostrato in passato la capacità di colpire in profondità le reti israeliane, non solo nella regione, ma anche all'interno della stessa Israele. Come ha ribadito il Ministero della Difesa di Teheran:
“I criminali sionisti devono aspettarsi una risposta schiacciante e deplorevole. Siamo pronti ad anni di combattimento, e la nostra risposta sarà all’altezza dell’insulto.”
Chi oggi invoca "moderazione" da parte di Teheran è lo stesso Occidente che fornisce bombe e munizioni a Tel Aviv, che legittima i crimini di guerra a Gaza e che si volta dall’altra parte mentre interi quartieri vengono rasi al suolo. Parlano di de-escalation solo quando il popolo aggredito prepara la sua difesa.
Dobbiamo dirlo chiaramente: l’Iran ha pieno diritto di rispondere, con qualunque mezzo ritenga necessario. Il principio della legittima difesa, sancito dallo Statuto delle Nazioni Unite all’articolo 51, non può essere un privilegio solo per gli alleati dell’Occidente.
Israele ha dichiarato guerra. E la sua maledetta esistenza, come l’ha definita Nasirzadeh, si regge ormai solo sulla forza bruta, sull’apartheid, sul terrore mediatico e sul sostegno incondizionato degli apparati imperiali euro-atlantici. Ma un castello costruito su sangue e menzogne prima o poi crolla.
Ogni crimine alimenta la resistenza. Ogni martire rinforza la determinazione. E ogni missile lanciato nella notte, ogni bambino ucciso, ogni madre straziata accorcia il conto alla rovescia verso la fine di un regime disumano.
Se oggi l’Iran dovesse rispondere, nessuno al mondo – nessuno – ha il diritto di parlargli di diritto internazionale.
Perché il primo crimine non è la reazione:
È l’attacco. È l’aggressore. È Israele.
Raimondo Schiavone