C'è chi ancora crede, nel 2025, che la democrazia possa essere abbattuta con la polvere da sparo. Che il consenso si possa zittire col boato. Che un ordigno sia più forte della volontà popolare. E allora piazzano una bomba. Un’esplosione nella notte, come i codardi fanno. Senza volto, senza nome, ma con un messaggio chiaro: intimidire, piegare, spaventare.
Il bersaglio stavolta è Pietro Morittu, sindaco di Carbonia, giovane amministratore che ha scelto di stare dalla parte dello Stato, della legalità, del lavoro pubblico e trasparente. Un ragazzo che non si è mai piegato ai compromessi, che non ha mai chinato il capo davanti ai poteri opachi. Uno di quelli che nonostante le difficoltà ha continuato a credere nella possibilità di servire il proprio territorio con dignità e responsabilità.
E per questo, oggi, è una vittima. Vittima di un vile attentato, vigliacco, subdolo, che parla con la lingua del terrore e non con quella della democrazia. Un attacco alla persona, sì, ma anche al ruolo istituzionale che rappresenta. Un attacco a tutti noi.
Perché quando si mette un ordigno davanti alla casa o all’auto di un sindaco, non si colpisce solo un uomo: si colpisce l’intero impianto delle regole condivise, il patto civile che ci tiene insieme. Si attenta alla Costituzione. Si cerca di riscrivere con la violenza ciò che è stato scritto con il voto.
Ma attenzione: prima della dinamite arrivano le parole. E quelle parole — i sussurri dei delatori, i post velenosi dei fomentatori d’odio, le calunnie travestite da “moralismi” — sono le micce. Sono loro, i veri burattinai. Quelli che soffiano sul fuoco dell’intolleranza, che avvelenano i pozzi, che delegittimano ogni giorno chi cerca di governare onestamente. Sono loro i colpevoli morali. Quelli che nascondono la mano, che dicono “io non ho fatto nulla”, ma che in realtà armavano da mesi chi oggi ha acceso il timer.
Pietro Morittu non è solo. Accanto a lui ci sono tanti altri amministratori, in Sardegna e nel resto del Paese, che ogni giorno mettono la propria vita privata al servizio della collettività. Che convivono con la paura, sì, ma non si fermano. Perché la paura, quando è abitata da chi ha coscienza pulita, diventa coraggio. Il coraggio della giustizia. Il coraggio della Costituzione.
Ecco perché non basta la solidarietà di rito. Non bastano i comunicati. Serve una reazione politica e civile fortissima. Serve che le istituzioni centrali si facciano carico di questa emergenza democratica. Perché un Paese in cui un sindaco rischia la vita per aver fatto semplicemente il suo dovere, è un Paese che non può permettersi il lusso di voltarsi dall’altra parte.
Carbonia non ha bisogno di silenzi. Ha bisogno di voce, di indignazione, di mobilitazione vera. Perché oggi hanno provato a zittire Pietro. Domani potrebbero toccare chiunque. Ma noi non abbiamo intenzione di indietreggiare. E chi ha acceso quella miccia sappia che ha fallito.
Ha fallito perché Pietro Morittu continuerà. E con lui continueremo anche noi.
Fine
Raimondo Schiavone