Blog di Raimondo Schiavone e amici

Ci lascia Stefano Mameli: addio a un gigante silenzioso della pubblica amministrazione

Non ci ha lasciato con squilli di tromba. Non lo avrebbe mai voluto. Se ne è andato come ha vissuto: con dignità, compostezza, discrezione. Eppure oggi, chiunque abbia avuto la fortuna di incrociare il suo cammino – nella pubblica amministrazione, nell’impresa, nel mondo della rappresentanza o semplicemente nella vita – piange una perdita che brucia come poche.

Stefano Mameli non era un dirigente qualunque. Era un uomo d'altri tempi, e lo dico senza retorica, perché oggi dire “integerrimo”, “serio”, “uomo di alta statura morale” sembra quasi una categoria smarrita, quasi una bestemmia in un tempo che premia la superficialità, l'arroganza, l'opportunismo. E invece lui era questo: una persona che non si è mai venduta, mai prestata al teatrino, mai compromessa. Un servitore dello Stato – sì, in senso pieno – con la schiena dritta e il cuore aperto.

Nella mia vita professionale ho incontrato centinaia di dirigenti e funzionari pubblici. Alcuni bravi, altri meno, qualcuno addirittura dannoso. Ma Stefano aveva qualcosa che gli altri non avevano: la consapevolezza che il potere è solo una funzione da esercitare con umiltà, che la pubblica amministrazione non è un fortino, ma una casa da aprire, un servizio da rendere. E lo faceva con quella dolcezza ferma, con quella pacatezza mai debole, con quello sguardo umano che non dimenticheremo.

Chi ha avuto la fortuna di lavorare con lui – dentro le stanze dei Comuni, degli assessorati, degli enti di categoria – sa che Stefano Mameli era la persona cui ti rivolgi quando tutto sembra perduto. Non si agitava. Non alzava la voce. Ti ascoltava. Ti comprendeva. E poi cercava soluzioni. Concrete. Possibili. Legittime. Giuste. Con quella capacità rara di coniugare regole e persone, procedure e umanità. Una bussola morale nel deserto delle carte bollate.

Oggi ci lascia senza clamore. Senza ipocrisie. Senza giri di parole. E proprio per questo il suo vuoto fa ancora più rumore. Perché Stefano Mameli era un punto fermo. Un riferimento per chi crede ancora nella serietà. Nella competenza. Nella funzione pubblica come missione. Nella sobrietà come stile.

Chi lo ha conosciuto, anche solo per un progetto, una riunione, una consulenza, sa che dietro quella compostezza si celava un’anima profondamente gentile, quasi paterna. Era un uomo comprensivo, attento, rispettoso. Dolce. Sì, dolce: una dolcezza che non urlava mai, ma che si sentiva, forte, nello sguardo, nei gesti, nelle parole misurate.

Oggi piangiamo una persona importante. Ma più ancora: piangiamo un esempio. E gli esempi, quando se ne vanno, lasciano crepe profonde. Tocca a noi non dimenticare. Tocca a noi ricordarlo con ciò che lui era: correttezza, sobrietà, rispetto. E amore per le cose fatte bene.

Grazie, Stefano. Grazie per tutto quello che hai insegnato senza mai volerlo insegnare. Grazie per averci fatto credere, almeno per un pezzo di strada, che esiste ancora una classe dirigente capace di essere guida e non solo comando.

Ci mancherai. Ma ci resterai accanto, nei gesti giusti, nelle parole sobrie, nella serietà che non va mai di moda. E proprio per questo è eterna.

Raimondo Schiavone