Blog di Raimondo Schiavone e amici

“Chi ha supplicato davvero?” – L’Iran colpisce duro in Qatar, Israele teme l’esaurimento della difesa

La guerra lampo tra Iran, Israele e Stati Uniti ha lasciato più ferite politiche che militari. E tra le macerie, emerge una verità scomoda: nonostante la propaganda trionfalistica di Donald Trump, l’Iran non solo ha risposto, ma lo ha fatto colpendo duro. Almeno sei dei quattordici missili lanciati da Teheran avrebbero centrato la base americana di Al-Udeid in Qatar, secondo quanto dichiarato da Alì Larijani, ex presidente del Parlamento iraniano e oggi consigliere della Guida Suprema, l’Ayatollah Khamenei.

“Trump aveva detto che l’Iran avrebbe dovuto supplicare per la resa. Ma dopo l’attacco americano al nostro territorio, sono stati loro a chiederci di non rispondere duramente, per salvare la faccia di Trump”, ha dichiarato Larijani. E rincara la dose: “Hanno mentito. Non è vero che solo un nostro missile ha colpito. Sei missili con testate da 400 kg hanno colpito la base americana e lo sanno bene anche loro”.

La narrazione iraniana trova sponde anche in casa americana. Charles W. Freeman Jr., ex ambasciatore USA in Arabia Saudita, ha spiegato il vero motivo del cessate il fuoco imposto da Israele: l’erosione progressiva delle sue difese. “L’Iran può produrre missili balistici più velocemente di quanto Israele e gli Stati Uniti possano produrre intercettori. I missili iraniani sono anche molto più economici. In una guerra di logoramento, Israele avrebbe finito le munizioni prima dell’Iran”, ha dichiarato Freeman in un’intervista che ha fatto rapidamente il giro delle agenzie, prima di essere oscurata in Israele.

E i numeri parlano chiaro. Secondo i rapporti – rapidamente censurati a Tel Aviv – l’ultimo bilancio registra oltre 33.000 segnalazioni di danni, che spaziano da impianti industriali strategici come la raffineria di Haifa, a infrastrutture vitali come il porto di Ashdod, già sull’orlo della chiusura. Se la guerra fosse durata qualche giorno in più, sarebbe potuta diventare un disastro economico e militare per Israele.

È così che, in sordina, Tel Aviv ha accettato l’offerta di mediazione statunitense per un cessate il fuoco, chiedendo a Washington di garantire che l’Iran non alzasse ulteriormente il tiro. Un paradosso se si pensa che fino a pochi giorni prima era Trump a minacciare “la fine della Repubblica Islamica”.

Ma la realtà è spesso diversa dalla propaganda: la partita a scacchi nel Golfo ha avuto un solo vincitore sul piano della deterrenza. E ora, mentre i leader occidentali provano a riscrivere il copione, Teheran si gode la consapevolezza di aver ribaltato la narrazione: non è l’Iran che ha supplicato. Sono stati gli altri a chiedere pietà.

Raimondo Schiavone