Blog di Raimondo Schiavone e amici

Cambiate quel nome: via Sulis? No, via Niki Grauso

Chi cazzo è Vincenzo Sulis? Un nome scolpito sul marmo, affisso alle targhe stradali come reliquia impolverata di un passato che pochi ricordano e quasi nessuno sente proprio. Ma chi era davvero? Un patriota cagliaritano del Settecento, coinvolto nei moti antifeudali del 1794, anno della cosiddetta “sarda rivoluzione” contro i piemontesi. Guidò un tentativo di sollevazione popolare e fu arrestato, condannato e imprigionato per anni. Un uomo, certo, che si oppose all’oppressione, ma la cui eredità storica è rimasta confinata nei libri di storia locale, ridotta a un trafiletto scolastico che non vibra più di attualità.

E allora la domanda resta: che significato ha oggi intestare una via a Vincenzo Sulis? Quanti sardi sanno collocarlo nel tempo? Quanti ne hanno sentito parlare fuori dalle aule? È solo un’eco sbiadita.

Parliamo di una via centrale di Cagliari, che collega via Garibaldi a piazza San Giacomo, a due passi da piazza Costituzione. Una strada che per anni era spenta, anonima, dimenticata. Finché non è arrivato lui: Niki Grauso.

È grazie a lui che via Sulis è rinata. È grazie alla sua visione che quella strada è diventata un polo di creatività, di confronto, di fermento urbano. Dove prima c’era il vuoto, Niki ha portato idee, giovani, stimoli. Via Sulis è stata una delle opere di rigenerazione urbana più straordinarie degli ultimi decenni a Cagliari, e il merito è tutto suo. Non con fondi pubblici, non con proclami politici, ma con intuizione, passione e coraggio imprenditoriale.

Perché Niki Grauso è stato tutto ciò che Vincenzo Sulis ha provato ad essere nel suo tempo: un rivoluzionario. Ma con un’arma nuova, più potente di qualsiasi spada o archibugio: la parola. Il giornalismo. Il pensiero critico. Figlio di una Sardegna che voleva respirare, Grauso ha fondato L’Unione Sarda moderna, ha acceso Videolina, ha creato un impero editoriale indipendente, sfidando i poteri forti locali e nazionali.

Negli anni Ottanta e Novanta è stato l’uomo che ha scardinato i silenzi, denunciato le mafie bianche e nere, messo sotto i riflettori la vera faccia del potere in Sardegna. Ha dato lavoro, ha formato giornalisti, ha inventato un linguaggio nuovo, diretto, popolare ma colto, pungente ma mai banale.

Ma non si è fermato lì. È stato uno dei pionieri assoluti di internet in Italia. Quando nessuno ancora capiva cosa fosse il web, lui lanciava Videonline (poi VeoNet), il primo provider sardo, uno dei primi in Italia. Ha costruito portali, creato comunità digitali, diffuso la rete in una terra che ancora viaggiava col fax. Ha portato il futuro in Sardegna quando tutti guardavano indietro. Ha creduto nella connessione come forma di liberazione, nell’informazione libera anche online. Prima di Facebook, prima di Google, c’era Grauso con la sua visione digitale e radicale.

Poi l’infamia. Le accuse. Il fango. Ma Niki Grauso è rimasto in piedi. Ha continuato a combattere. Ha scritto, parlato, provocato. È diventato simbolo di una Sardegna che non piega la schiena, anche se barcolla. Un uomo scomodo. E per questo, irrimediabilmente necessario.

Via Sulis è stata tale per tanti anni. Ora basta. È il tempo di rendere onore a chi questa terra l’ha scossa, l’ha cambiata, l’ha messa online, l’ha fatta parlare. È tempo di chiamarla con il nome di chi ha riacceso proprio quella strada con la forza delle sue idee.

Via Sulis? No grazie. Via Niki Grauso, adesso.

Raimondo Schiavone