Blog di Raimondo Schiavone e amici

Strage nella Chiesa di Sant’Elia a Damasco: l’Isis torna a colpire il cuore cristiano della Siria

Un attacco suicida ha insanguinato la chiesa ortodossa di Sant’Elia nel quartiere Dweila di Damasco nella serata di domenica 22 giugno 2025. Un uomo armato, affiliato allo Stato Islamico, ha aperto il fuoco sui fedeli riuniti per la funzione serale, per poi farsi esplodere all’interno dell’edificio sacro. Il bilancio è drammatico: almeno 20 morti – tra cui donne e bambini – e oltre 50 feriti, molti in condizioni gravissime.

Secondo le prime ricostruzioni, l’attentatore sarebbe entrato nella chiesa durante la liturgia sparando con un’arma automatica. Testimoni riferiscono di urla, panico, gente calpestata nella fuga. Poi l’esplosione, devastante, che ha causato il crollo parziale del soffitto e l’incendio di alcune panche. Alcuni fedeli sono morti sul colpo, altri sono stati colpiti dalle schegge o travolti dalla folla in fuga. Sul luogo della strage è intervenuta la protezione civile e l’esercito, che ha circondato l’area mentre ambulanze trasportavano i feriti negli ospedali della capitale.

L’Isis ha rivendicato l’attentato tramite i propri canali, parlando di “atto contro gli infedeli alleati del regime apostata”. Un linguaggio già sentito, un ritorno agghiacciante alle fasi più oscure della guerra siriana. Eppure, questa volta, c’è qualcosa di nuovo. Dopo la caduta di Assad e l’insediamento del fragile governo di coalizione guidato da ex ribelli islamisti, molti avevano temuto il riemergere del terrorismo jihadista. La strage di Sant’Elia, la prima di queste proporzioni da anni nella capitale, sembra confermare i peggiori presagi.

Il quartiere di Dweila, a maggioranza cristiana, era considerato una zona relativamente sicura. Non è solo un luogo di culto a essere stato colpito: è stato colpito un simbolo, un messaggio diretto a una comunità che ha già pagato un prezzo altissimo negli anni del conflitto. La comunità cristiana siriana – ridotta a meno della metà rispetto al 2011 – piange oggi nuove vittime innocenti, colpite durante un atto di preghiera.

La reazione internazionale non si è fatta attendere. Le autorità greche, il Vaticano, la Francia e l’ONU hanno espresso “profonda indignazione e cordoglio”, chiedendo al governo siriano di garantire sicurezza e pluralismo religioso. L’Unione Ortodossa ha parlato di “crimine contro l’umanità”. Anche Mosca ha condannato l’attacco, definendolo “frutto dell’instabilità post-Assad e del vuoto di potere lasciato da una transizione non gestita”.

Nel frattempo, il nuovo esecutivo di Damasco ha decretato tre giorni di lutto nazionale e ha promesso “una caccia senza tregua agli esecutori e ai mandanti dell’attentato”. Tuttavia, la sfiducia tra la popolazione cresce: molti temono che il governo, già criticato per la sua tolleranza verso gruppi islamisti armati, non sia in grado – o non voglia – proteggere le minoranze religiose.

La Siria, a più di un decennio dall’inizio del suo martirio, continua a sanguinare. Cambiano i volti al potere, ma la guerra – in forme nuove, subdole, settarie – non è finita. L’attacco di Sant’Elia è un monito: la pace non si conquista con le conferenze di Ginevra o i proclami televisivi, ma con il coraggio di difendere ogni singola vita, ogni singolo diritto, ogni singola preghiera.

E ieri sera, a Damasco, la preghiera è stata interrotta dal fuoco e dal sangue.

Raimondo Schiavone