Blog di Raimondo Schiavone e amici

Salvini il Cialtrone Internazionale: Quando l’arroganza incontra l’ignoranza

C’è un momento in cui la politica smette di essere dialettica, visione, responsabilità e diventa teatro dell’assurdo, palcoscenico del grottesco. E al centro della scena, con un sorrisetto da ragazzino che si crede figo perché fa il tifo per lo sceriffo del mondo, eccolo lì: Matteo Salvini. Un personaggio che si atteggia a statista globale, ma che, se non ha un gobbo davanti, fatica anche a distinguere il Libano dalla Lombardia.

Salvini si è distinto in queste ore per l’ennesimo balletto filo-sionista, una dichiarazione d’amore politica verso il regime israeliano che rasenta il ridicolo e sprofonda nello squallore. La guerra, il dolore, la tragedia umana che si consuma in Palestina, con migliaia di morti, è per lui un pretesto per salire su una cattedra geopolitica immaginaria e declamare sciocchezze con lo stesso tono usato da chi commenta un rigore sbagliato la domenica pomeriggio.

Il problema non è che prenda posizione: tutti hanno diritto a farlo. Il problema è che la sua posizione è un copia-incolla servile delle peggiori narrazioni occidentali, quelle che trasformano le vittime in colpevoli e gli occupanti in eroi. Non una parola sulle colonie illegali, sulle bombe su ospedali, sulle fosse comuni. Per lui Israele è "l’unica democrazia del Medio Oriente", come da manuale del perfetto portavoce dell’ambasciata. E lo dice pure con fierezza, come se fosse un’illuminazione divina, non una trita propaganda.

Ma Salvini non si ferma lì. No, perché ha scoperto che parlare di Iran, Hezbollah, Yemen, Gaza, Ucraina e Cina fa figo. Fa “internazionale”. Gli dà quell’aria da uomo del mondo, da stratega della Nato. Peccato che quando apre bocca riveli una cultura geopolitica pari a quella di un bagnino che ascolta Radio Maria. Confonde gli sciiti con gli shiraz, crede che i BRICS siano una categoria di biscotti, e per lui la differenza tra Cisgiordania e Casal Bruciato è ancora un mistero.

Eppure eccolo lì, in tv, sui social, in radio, a pontificare. A parlare di alleanze, eserciti, nemici dell’Occidente, “dittature” che resistono e “democrazie” che bombardano. Con un lessico da liceo abbandonato, ma l’arroganza di chi si crede novello Kissinger dopo un Negroni mal riuscito.

L’Italia merita di meglio. Merita politici seri, informati, capaci di capire che la diplomazia non si improvvisa, che parlare di genocidio non è una moda, che prendere le parti di chi uccide bambini non fa “cool”, fa solo orrore. Salvini è lo specchio deformante di una politica ridotta a meme, un avatar della superficialità che ormai governa la scena pubblica.

E se la sua carriera estera si misura in selfie con bandiere sbagliate e post con didascalie da influencer mancato, il giudizio della Storia sarà invece senza filtri: Salvini è l’ennesimo cortigiano del potere che parla di pace brandendo la clava della propaganda.

Un uomo piccolo, in un mondo troppo grande per lui.

Filippo Palazzi

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