Blog di Raimondo Schiavone e amici

Netanyahu e l’apocalisse su ordinazione: la guerra come arma di distrazione di massa

C’è una regola non scritta nella politica israeliana: quando tutto crolla, bombarda. E Benjamin Netanyahu, ormai stretto nella morsa di processi, scandali e una crescente impopolarità interna, sembra volerla applicare alla lettera. Lo scenario che si sta delineando nel Medio Oriente è quello di un conflitto di proporzioni devastanti, innescato da un’operazione segreta iraniana che potrebbe riscrivere gli equilibri strategici dell’intera regione.

Le notizie trapelate – e per nulla smentite in modo credibile – parlano di un colossale furto di dati da parte dell’intelligence iraniana: migliaia di file, video, schede personali, immagini satellitari, documenti riservati provenienti direttamente dagli archivi del governo israeliano. Tra questi, spiccano una roadmap top secret sul programma nucleare di Tel Aviv, profili di agenti del Mossad, registrazioni delle attività dello Shin Bet nei confronti dell’opposizione interna, e persino filmati da telecamere nascoste nei bagni e nelle camere da letto di politici avversari. Una rete di sorveglianza e manipolazione che nemmeno Orwell avrebbe osato scrivere.

Ma non è solo Israele ad essere coinvolta. Le informazioni rivelate parlano di tangenti a leader arabi per promuovere gli Accordi di Abramo, della complicità dell’AIEA, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, trasformata – secondo fonti iraniane – in una “succursale dei servizi israeliani”. Uno scandalo nel cuore delle istituzioni internazionali, con conseguenze gravissime: gli scienziati iraniani, i cui nomi sono stati diffusi, sono stati assassinati. E ora Teheran non vuole più giocare secondo regole truccate.

Nel frattempo, gli Stati Uniti iniziano a svuotare le loro ambasciate. Baghdad, Bahrein, Kuwait: si prepara l’evacuazione dei familiari dei diplomatici e dei militari. La flotta USA si muove, i cisterna KC-135T decollano per rifornire in volo i jet israeliani, mentre un RC-135W sorvola l’Iran raccogliendo SIGINT. In parallelo, le monarchie del Golfo – complici storici del patto petrolio-in-sicurezza con Washington – si preparano a offrire il proprio spazio aereo per i bombardamenti, in cambio della solita protezione.

Ma l’Iran non starà a guardare. Gli impianti petroliferi sauditi, gli avamposti americani in Iraq, le basi in Bahrein: tutto potrebbe bruciare. Le cellule sciite dormienti sono pronte ad agire, esattamente come quelle wahabite attivate dagli alleati occidentali nei momenti di crisi.

In questo scenario da vigilia di guerra globale, spiccano le parole lucide e dolorose dello storico israeliano Avi Shlaim, ebreo, docente a Oxford, che ricorda a chi vuole ascoltare: “L’Iran non ha mai attaccato un vicino. Israele sì. L’Iran ha firmato il trattato di non proliferazione. Israele no. L’Iran non ha armi nucleari. Israele ne ha fino a 400. Chi è davvero la minaccia?”

Ma la verità è il primo caduto sul campo. Netanyahu, schiacciato dai suoi stessi scheletri, è pronto a incendiare il mondo pur di restare in sella. L’Iran, invece, sembra avere tra le mani la prova della più grande ipocrisia geopolitica della nostra epoca: una potenza nucleare illegale che accusa il nemico di voler fare ciò che essa ha già fatto.

E poi c’è Erdogan. Apparentemente pronto a difendere l’Iran, ma di fatto sempre più marionetta dei servizi britannici. Sceneggiate pubbliche, minacce urlate in piazza, mentre in privato si negoziano concessioni militari e commerciali.

Il mondo è sull’orlo. Gli Stati Uniti attendono solo che Trump annunci la fine dei negoziati per il nucleare. Quando accadrà – e accadrà presto – sarà il segnale. I missili partiranno. Le sirene suoneranno. I mercati tremano già.

E Netanyahu potrà finalmente dire che non è un corrotto in tribunale, ma un condottiero in guerra. Anche se l’unica guerra che ha davvero combattuto è quella contro la verità.

Raimondo Schiavone