Blog di Raimondo Schiavone e amici

Meloni, Gaza e l’insopportabile ipocrisia

Giorgia Meloni, in un recente intervento pubblico, ha definito la situazione a Gaza “insostenibile”, affiancando questa affermazione al contesto del cessate il fuoco tra Israele e Iran e alla necessità di fermare Vladimir Putin in Ucraina. Un discorso dove tutto si mescola, dove la sofferenza viene impacchettata e messa sullo stesso piano di logiche geopolitiche e diplomazie di facciata. Eppure Gaza non è solo “insostenibile”. Gaza è un campo di concentramento a cielo aperto dove si consuma un genocidio, non una semplice crisi. E definirla così, con un aggettivo stanco e neutro, non è solo una colpa politica: è una colpa morale.
Perché se continuano a morire centinaia di bambini, se le bombe israeliane carbonizzano corpi minuscoli o i proiettili sparati dai soldati sionisti colpiscono ragazzini in fuga da una scuola, allora no, “insostenibile” non basta. È ipocrisia. Pura, insopportabile ipocrisia.
Non si tratta più di opinioni o interpretazioni. Si tratta di dati. Oltre 56.000 morti palestinesi a Gaza dall’ottobre 2023. Di questi, almeno 16.500 erano bambini, secondo The Guardian. UNICEF denuncia che più di 50.000 minori sono stati uccisi o feriti. In un solo giorno, il 18 marzo 2025, 174 bambini sono stati uccisi da un’ondata di attacchi israeliani. Le stime indipendenti portano il conto totale delle vittime a oltre 100.000, un’intera città rasa al suolo. Una generazione cancellata.
Le organizzazioni internazionali, dalla Corte Internazionale di Giustizia ad Amnesty International, non parlano più di sospetti o accuse: parlano di genocidio accertato. Non un'esagerazione, non una provocazione, ma un fatto giuridico. Le prove ci sono, le intenzioni dichiarate da leader politici israeliani sono state documentate. Eppure il governo italiano tace. O peggio, minimizza.
In questo quadro, sentire la Presidente del Consiglio italiana usare la parola “insostenibile” come unica chiave di lettura non solo svuota di significato la tragedia, ma la riduce a semplice rumore di fondo. Gaza, come l’Ucraina. Gaza, come la guerra con l’Iran. Tutto uguale, tutto sovrapponibile. Ma non è così. Gaza è un campo di sterminio moderno, chiuso, dove si bombarda senza sosta e si impedisce il soccorso. Dove si muore non solo per le bombe, ma anche per fame, sete, infezioni, assenza di cure. Dove si usa il cibo come arma.
Ed è qui che si arriva al punto più grave. Giorgia Meloni, con questa considerazione, non merita la nostra considerazione. Non come politico. Ma come essere umano. Perché ci sono momenti in cui la politica può essere miope, ma l’umanità no. Ci sono momenti in cui anche chi guida un governo dovrebbe mettere da parte la diplomazia e chiamare le cose con il loro nome: genocidio, crimine di guerra, pulizia etnica. Invece no. Meloni ha scelto di girare lo sguardo, di indossare il vestito dell’ambiguità, di risparmiare le parole dure per Israele e usarle solo per chi è geopoliticamente scomodo.
Non si tratta più solo di una posizione sbagliata. Si tratta di una complicità silenziosa. Perché ogni volta che si evita di nominare il genocidio, ogni volta che si legittima Israele con dichiarazioni vaghe, ogni volta che si tace su armi e accordi economici, si diventa parte del problema. Si diventa il problema.
E allora non basta più parlare di crisi. Non basta più piangere a comando. Serve il coraggio della verità. Serve dire che Gaza oggi è il volto più chiaro della disumanità. E chi non lo vede, o peggio, chi lo vede e lo minimizza, ha perso il diritto di rappresentare un popolo, una nazione, una coscienza.
Chi oggi definisce Gaza “insostenibile” senza avere il coraggio di alzare la voce, non è solo un politico cinico: è un essere umano svuotato. E noi non possiamo più permetterci il lusso di rispettare chi non rispetta la vita.
Raimondo Schiavone 

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