L’invidia è il sentimento più taciuto e più diffuso, il più velenoso e il meno riconosciuto. Non ha volto, ma spesso si traveste da consiglio premuroso, da critica “per il tuo bene”, da sorriso tirato. L’invidioso non si dichiara mai tale, perché l’invidia è un difetto senza onore. Nessuno la rivendica. Eppure cova, brucia, rode in silenzio.
È un sentimento recondito, che l’uomo nasconde persino a sé stesso. Vive sotto pelle, nei confronti del collega che ha successo, dell’amico che ha trovato l’amore, del vicino che si compra una casa nuova. L’invidioso non desidera salire: desidera che tu cada. Non vuole crescere: vuole vederti retrocedere. Il suo vero traguardo non è l’emulazione, ma la vendetta silenziosa.
E in questa società dell’apparenza, dove tutto è esposto, fotografato, condiviso, l’invidia trova fertilità. Ogni traguardo esibito, ogni sorriso immortalato, ogni riconoscimento ottenuto è vissuto dall’invidioso come un affronto personale. E più l’altro si mostra felice, più l’invidioso si strugge.
Ma c’è un luogo dove questo veleno non è solo diffuso, è parte del codice genetico sociale. Una terra meravigliosa e aspra, che conosce l’orgoglio ma anche l’autodistruzione. Una terra che non perdona chi riesce. La Sardegna.
Sì, proprio la nostra isola. Qui l’invidia non è solo un peccato, è una regola tacita. Qui il successo è una colpa da espiare, non una conquista da applaudire. Chi si distingue viene isolato. Chi prova a cambiare viene zittito. Chi cresce troppo viene potato come un ramo che stona nella simmetria del campo. La logica dominante è semplice e spietata: “Ma chi si crede di essere?”. E così, invece di fiorire insieme, ci si guarda con sospetto, si sussurra alle spalle, si coltiva il desiderio che l’altro fallisca per sentirsi, per un attimo, meno piccoli.
Non è un caso se l’invidia è tra i sette peccati capitali. Ma è forse l’unico che si consuma nell’ombra, senza rumore. Eppure, è capace di frantumare legami, comunità, intere generazioni. Perché quando il successo diventa un bersaglio e non un’ispirazione, allora tutto si ferma. Si soffoca il talento. Si spegne la speranza. Si condanna il futuro.
Il potere dell’invidia sta proprio lì: nella sua invisibilità. L’invidioso brinda con te, ti scrive “complimenti”, ti abbraccia. Ma in cuor suo aspetta il giorno in cui andrai in rovina. E quando quel giorno arriva, non piange. Si sente finalmente alla pari.
Sarebbe ora di rompere questo incantesimo. Di riconoscere che l’invidia non è solo debolezza individuale, ma anche veleno collettivo. Che una Sardegna più giusta, più libera, più felice nascerà solo quando impareremo ad applaudire chi riesce, a gioire per chi crea, a sostenere chi sogna.
Perché l’invidia, se non la guardi in faccia, non svanisce. Si moltiplica.
Raimondo Schiavone