Per anni è stato detto, sussurrato, ipotizzato. Ma era troppo “scomodo” per diventare titolo sui giornali italiani, troppo spiazzante per i paladini del racconto unico che da dieci anni ci propinano la fiaba dell’Occidente buono e della guerra al terrorismo come missione di civiltà. Eppure, oggi, una verità esplosiva esce finalmente dalla bocca dei protagonisti.
Due pesi massimi della politica israeliana, Avigdor Lieberman — ex Ministro della Difesa ed ex Ministro degli Esteri — e Yair Lapid — ex Primo Ministro, oggi leader dell'opposizione centrista — hanno ammesso pubblicamente ciò che in tanti, da anni, denunciano nel silenzio mediatico generale: Israele ha finanziato segretamente l’ISIS.
Un’accusa che fino a ieri valeva l’accusa di “complottismo antisemita”, un’eresia sussurrata nelle pagine marginali della stampa alternativa, o documentata solo nei report esteri snobbati dai grandi quotidiani italiani. Oggi quella stessa verità arriva, nuda e cruda, dalla voce degli stessi protagonisti del potere israeliano. Il motivo? La faida politica interna, la guerra per la sopravvivenza di Netanyahu e la rabbia degli ex alleati che ora non hanno più nulla da perdere. E quando il potere vacilla, le bugie si sciolgono.
Lieberman ha parlato chiaro: “Netanyahu ha fatto affari con il diavolo. Ha sostenuto indirettamente Daesh perché l’esistenza dell’ISIS in Siria e nel Sinai serviva da giustificazione per l’azione militare israeliana. Dovevamo lasciare che il caos fiorisse per legittimare i nostri interventi.”
Yair Lapid ha rincarato la dose: “Bibi ha sempre anteposto la sua carriera alla sicurezza del paese. Anche se significava flirtare con i peggiori nemici dell’umanità.”
Parole che pesano come macigni. Parole che, se pronunciate da un giornalista indipendente, avrebbero comportato denunce, censure e accuse infamanti. E invece sono state dette da dentro, dal cuore dell’establishment israeliano. E ora? Il silenzio assordante delle redazioni italiane continua. I vari conduttori paladini dell’“etica” come Parenzo, Merlino o Floris, zitti. I quotidiani mainstream, muti o intenti a minimizzare. Ma questa è una notizia che travolge l’equilibrio mediorientale e obbliga a riscrivere dieci anni di retorica sul “terrorismo islamico”.
Israele ha avuto convenienza strategica a mantenere viva la minaccia jihadista, soprattutto in Siria, dove l’ISIS ha attaccato principalmente le forze governative di Bashar al-Assad, ovvero il nemico giurato di Tel Aviv. Nessun attacco ISIS contro Israele. Nessuno. Nemmeno una scaramuccia. Strano? No. Oggi capiamo perché.
Allo stesso modo, gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita hanno favorito la nascita e la crescita di Daesh per destabilizzare l’asse sciita tra Iran, Siria e Hezbollah. È tutto lì, nei cablogrammi diplomatici, nei report della DIA, nei documentari ignorati, nelle testimonianze di ex agenti.
E intanto, mentre il mondo taceva, la Siria sprofondava nel sangue. I civili morivano a milioni. Gaza veniva massacrata e l’ISIS serviva da utile distrazione. Un mostro utile. Finanziato. Alimentato. E poi usato come spauracchio per giustificare ogni barbarie.
Chi, come noi, denunciava da tempo questo legame tossico tra l’intelligence israeliana e i gruppi salafiti, veniva etichettato come estremista, antisemita, complottista. Ora sono gli stessi israeliani a confermare ciò che urlavamo nei deserti dell’indifferenza.
E allora ci chiediamo: chi chiederà scusa? Chi darà voce alle vittime di questa strategia cinica e omicida? Chi pagherà per le migliaia di siriani sgozzati, per i bambini usati come scudi umani, per il caos costruito a tavolino?
La risposta, purtroppo, è amara. Nessuno. Perché il crimine, quando è commesso dalle “democrazie amiche”, non è mai tale. È “realpolitik”. È “strategia”. È “sicurezza nazionale”.
Ma noi non dimentichiamo.
E oggi, almeno oggi, non possiamo essere più accusati di mentire. Parlano i fatti. Parlano i protagonisti. Parlano gli ex alleati di Netanyahu.
L’inferno che ci hanno venduto come guerra al terrore era solo una messa in scena.
E il regista era ben noto. Ora anche il cast esce allo scoperto.
Raimondo Schiavone