Blog di Raimondo Schiavone e amici

IL SOCIALISMO NON DIMENTICA LA PALESTINA

Dalle Ande a Roma, la sinistra vera ha sempre avuto un cuore palestinese

Mentre oggi molti sedicenti progressisti europei si perdono in equilibrismi verbali e “fermi sostegni al diritto di Israele a difendersi”, la vera sinistra – quella della storia, non dei talk show – ha parlato chiaro. Ha gridato “Palestina Libera” ben prima che diventasse uno slogan da sfilata. Ha scelto da che parte stare: con gli oppressi, non con gli occupanti.

In America Latina, i leader socialisti non hanno mai avuto dubbi: la causa palestinese è la causa dell’umanità contro l’apartheid, dell’autodeterminazione contro il colonialismo. Salvador Allende, il presidente martire del Cile, nel suo discorso all’ONU del 1972 denunciava l’imperialismo con parole che valevano anche per la Palestina. E il suo governo intratteneva rapporti diretti con l’OLP.

Molti anni dopo, Hugo Chávez fece della Palestina una bandiera della sua rivoluzione bolivariana: nel 2009 espulse l’ambasciatore israeliano dal Venezuela durante l’operazione Piombo Fuso, definendo Israele “uno Stato assassino”. Il suo successore Nicolás Maduro ha proseguito su questa linea, e nel 2023 ha affermato: “La Palestina è la nostra sorella, Gaza è la nostra ferita.”

Anche Evo Morales, ex presidente della Bolivia e leader del movimento indigeno-socialista MAS, ha parlato senza filtri, definendo Israele “uno Stato terrorista” e denunciando i crimini contro l’umanità a Gaza.

Nel Brasile di Lula, nonostante le pressioni internazionali, la posizione ufficiale del governo è stata chiara: riconoscimento dello Stato di Palestina e ferma condanna dei bombardamenti sui civili.

In Italia, la sinistra ha avuto momenti in cui non tremava davanti all’imperialismo. Bettino Craxi, da presidente del Consiglio, fu il primo e unico premier italiano ad accogliere ufficialmente Yasser Arafat a Roma nel 1983, sfidando la linea atlantica e la furia degli USA e di Israele. “La questione palestinese è una ferita aperta nella coscienza dell’umanità”, disse. Fu accusato di tutto. Ma aveva ragione.

Enrico Berlinguer, segretario del PCI, non si tirò mai indietro. Pur difendendo l’equilibrio nel Mediterraneo, riconobbe il diritto del popolo palestinese alla sua terra e alla sua autodeterminazione. Il PCI organizzò incontri con l’OLP e sostenne all’ONU il riconoscimento dello Stato di Palestina.

Anche Sandro Pertini, presidente partigiano e socialista, parlò della Palestina come di “una delle grandi tragedie dell’epoca moderna”, chiedendo con forza la pace e la giustizia.

I socialisti del passato mettevano la Palestina nei loro programmi, nei loro comizi, nei loro atti di governo. Oggi molti preferiscono non nominare Gaza. Parlano di “cessate il fuoco”, ma non di “fine dell’occupazione”. Parlano di “due popoli due Stati” senza dire quale popolo sta massacrando l’altro.

Ma il popolo non dimentica.
E chi oggi si definisce socialista deve scegliere: vuole stare con la storia di Craxi, Berlinguer, Chávez e Allende? O con l’ipocrisia dei governi che chiamano “diritto alla difesa” il genocidio?

La Palestina non è un argomento da dibattito. È una questione di coscienza. E la coscienza socialista, quando è autentica, non è mai stata neutrale.

Raimondo Schiavone

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