Qualcosa di straordinario, se non addirittura paranormale, sta accadendo nel pianeta narrativo di Mario Guerrini. Da qualche giorno, il suo stile è cambiato. Anzi, diciamolo: si è evoluto, ha preso una piega sorprendentemente… grammaticale. Le ellissi infinite, quei celebri “…” che segnavano il passo di ogni sua invettiva come tamburi della giungla, sono sparite. Al loro posto? Frasi. Sì, frasi vere. Con inizio, svolgimento, soggetto, predicato, a volte persino un complemento oggetto che fa il suo mestiere.
Cosa sarà mai accaduto? Un miracolo linguistico? Un’iniezione notturna di Grammatica Pratica Zanichelli? Oppure – e qui le teorie si fanno serie – Mario Guerrini ha cambiato ghostwriter. Oppure, più semplicemente, ha scoperto l’intelligenza artificiale.
Sì, perché solo un’entità senziente ma non umana poteva correggere quegli scempi contro la consecutio temporum, raddrizzare le subordinate svenute in mezzo al testo, salvare virgole orfane e punti interrogativi maltrattati. Da "solinas… malaffare… disastro… mafia?" siamo passati a:
"La precedente gestione regionale ha generato gravi criticità, che oggi vengono affrontate con determinazione."
Non sembra nemmeno lui. O meglio: non è lui.
Qualcuno sospetta che dietro le nuove frasi ci sia un novizio di lettere antiche. Qualcuno che ha sfogliato almeno tre paginette di latino alle superiori e ha scoperto la meraviglia del nominativo e del verbo all'indicativo. L’uso sapiente della paratassi, la chiusura delle virgolette al momento giusto, persino l’introduzione di parole come “pertanto” e “conseguentemente” mettono in allarme i lettori storici del Guerrini pre-sintattico.
Ma la sostanza – ahimè – non è cambiata. I bersagli sono sempre gli stessi: nemici politici, alleati pentiti, passanti colpevoli di leggere giornali non approvati dal comitato centrale del pensiero guerriniano. È cambiato l’involucro, non il contenuto. Prima era veleno buttato con la zappa, ora è veleno servito in flûte di cristallo. Ma sempre veleno è.
Eppure dobbiamo ammetterlo: c’è un che di rassicurante nel sapere che anche Guerrini può migliorare. Che l’uso corretto del congiuntivo non è più un'utopia. Che anche lui, forse aiutato da un chatbot o da uno stagista prigioniero nel seminterrato di una fondazione culturale, può dare forma umana alla sua scrittura.
L’importante è una cosa sola: che ci faccia sapere, chi è il nuovo ghostwriter? È un correttore automatico? È una AI con pazienza zen? Oppure è un letterato pentito in cerca di redenzione, che dopo aver letto Montale ha deciso di aiutare Guerrini a mettere il punto fermo dove serve?
In attesa di scoprirlo, ci godiamo questo spettacolo di “riforma grammaticale” come si guarda un panda che improvvisamente impara a usare le posate: con stupore, un po’ di diffidenza, ma anche una punta di affetto. Perché Guerrini sarà pure lo stesso di sempre, ma adesso – almeno – scrive come se avesse fatto pace con l’analisi logica. E in questi tempi, anche questo è un passo avanti verso la civiltà.
Raimondo Schiavone