Blog di Raimondo Schiavone e amici

 Il cielo proibito: come i conflitti ridisegnano le rotte dei voli civili

Sono le 2:20 del mattino. Le immagini di Flightradar24 parlano chiaro, senza bisogno di alcun commento: Iran, Siria, Yemen, Libano, Israele, Ucraina. Aree completamente vuote, cieli deserti in un mondo affollato di traffico aereo. Intorno, come formiche in fuga, centinaia di aerei civili si addensano lungo rotte alternative, deviano, evitano, circumnavigano. Ma non volano sopra le zone calde. È la geografia della paura, disegnata da una guerra che si combatte anche ad alta quota.

La mappa della Flightradar24 è un bollettino geopolitico in tempo reale. Ci mostra dove non si può più volare. Non per nebbia, non per tempeste, ma perché sopra quelle terre piovono missili, si alzano caccia, si muovono batterie antiaeree. Nessuna compagnia civile può permettersi il rischio. Il cielo diventa invisibile e impraticabile, come se quelle nazioni fossero scomparse dal pianeta.

L’Iran, dopo le escalation con Israele e Stati Uniti, è completamente svuotato dal traffico aereo. Gli aerei disegnano una curva larga sopra Turchia e Golfo Persico, evitando ogni sorvolo. In Siria e in Iraq la situazione è simile: dopo anni di guerra, la normalizzazione degli spazi aerei è ancora un miraggio. Il Libano, schiacciato tra Israele e Damasco, scompare a sua volta dai radar civili. Anche lo Yemen, teatro della guerra più dimenticata e crudele del mondo, è un buco nero nel cielo.

Al contrario, l’Europa dell’Est – Ucraina e Bielorussia in primis – presenta ancora i segni evidenti della guerra in corso. In Ucraina nessun aereo civile sorvola il territorio, mentre la Bielorussia è isolata dal traffico europeo da tempo per motivi politici e militari. Gli aerei li evitano come si evitano i vulcani attivi. In tempo reale, si vede l’effetto di un mondo in fiamme.

Queste immagini raccontano ciò che i comunicati stampa non possono dire. Raccontano che esistono spazi dove la normalità non può più entrare, dove i cieli non sono più liberi, dove la morte è diventata routine. Le compagnie aeree tagliano fuori queste rotte con una semplicità glaciale: per motivi di sicurezza. Ma dietro quelle rotte cancellate ci sono milioni di vite sospese.

Nel 2024 e 2025, la geopolitica non si misura più solo nei palazzi della diplomazia o nei comunicati dei governi. Si misura nei cieli vuoti. Ogni spazio aereo chiuso è un pezzo di mondo che implode, un indicatore silenzioso ma chiarissimo del livello di instabilità.

Ed è paradossale che in un'epoca dove il traffico aereo è diventato un simbolo di globalizzazione, mobilità e progresso, proprio i cieli tornino a parlare con il linguaggio antico della guerra: quello del vuoto, del silenzio, dell’assenza.

Chi vuole capire il mondo oggi, non deve guardare solo alle frontiere sulla terra. Deve guardare in alto. E notare dove non vola più nessuno.

Raimondo Schiavone